Sono molto vivi in rete i dibattiti che mettono a confronto i sostenitori del co-sleeping con i suoi denigratori.

Vediamo innanzitutto di che cosa si tratta: co-sleeping significa far dormire i figli nel letto matrimoniale insieme a noi. E’ una pratica comune in molte culture non occidentali, perlomeno nel periodo dell’allattamento. Fa gridare invece all’orrore in buona parte delle nostre culture.

Chi la denigra sostiene innanzitutto che per il lattante può essere rischiosa, perché può restare schiacciato da uno dei genitori; il bambino non ha un proprio spazio, non impara a dormire da solo, cresce viziato; l’intimità dei genitori infine risulta gravemente compromessa.

Chi invece la promuove sostiene che il lattante non solo non rischia di essere schiacciato, ma addirittura risulta essere più protetto nei confronti della SIDS, la morte in culla (in inglese sudden infant death syndrome); il sonno condiviso favorisce inoltre il bonding, quel legame unico che si forma tra la mamma e il neonato; per la mamma che allatta è infinitamente più comodo evitare di alzarsi, sollevare il figlio e portarlo al seno: può offrigli il seno stando sdraiata, senza muovere un muscolo, continuando a riposare; il bambino si abituerà al suo letto nel momento in cui lo si riterrà opportuno, senza compromettere alcunché; l’intimità dei genitori dopo la nascita di un figlio è comunque destinata a cambiare ed evolvere: non è necessario condividere in esclusiva un letto per averla.

Lo studio dei nessi tra SIDS e sonno condiviso è controverso: trovate qui un breve resoconto su questo argomento.

Il co-sleeping sembra diventato di moda da quando Angelina Jolie e Brad Pitt hanno dichiarato di dormire in un letto largo tre metri per ospitare la loro numerosissima prole. Ciononostante ancora molte persone sono prevenute a questo riguardo.

Non esiste a mio avviso la soluzione unica per tutti. Come ha dichiarato Umberto Veronesi, “se una coppia ha il piacere di accogliere il figlio nel letto, è bello che lo faccia”. Sottolineo l’importanza dei due termini utilizzati: deve essere un piacere per la coppia, non un fastidio, e deve esserlo per entrambi.

Personalmente ho trovato il co-sleeping molto utile per i primi mesi di vita dei miei figli, quando ancora i loro risvegli notturni per fame erano frequenti. Dopo avere tentato di allattare il mio primogenito  da seduta, spostandolo dal lettino al lettone nel cuore della notte, ho capito che la cosa non faceva per me, e ho iniziato ad allattarlo sdraiata, praticamente continuando a dormire. Dopo qualche mese di sonno condiviso ho potuto metterlo a dormire senza grosse difficoltà prima nel lettino in camera matrimoniale e successivamente nella sua stanza. Così ho fatto anche per la mia secondogenita, con la differenza che non ho più avuto timori né remore e l’ho tenuta fin dall’inizio nel nostro letto.

Ora che i bambini sono più grandi mi piace ancora condividere il sonno con loro in situazioni particolari: quando non stanno bene di salute trovo che questo sia di grande conforto per loro ma anche per me, che ho modo di sentire da vicino come respirano, per esempio; quando sono agitati, perché si sono svegliati per un incubo, mi piace l’idea di poterli rassicurare con la mia vicinanza. Preferisco inoltre evitare di alzarmi più di una volta per notte quando mi chiamano allarmati, dato che ci tengo ad avere una certa continuità nel sonno. Apprezzo comunque il fatto di avere recuperato con il mio compagno l’uso esclusivo di camera e letto matrimoniale, fatta eccezione per queste situazioni particolari, anche se non esiterei a ospitare un eventuale terzo figlio nuovamente con noi, per i primi mesi della sua vita .

E voi come vedete il co-sleeping, come una libertà o come una schiavitù?