Il tic nervoso è una forma di movimento ripetuto e fastidioso, che non è controllato dalla volontà. Spesso riguarda un movimento degli occhi, o del corpo, o una vocalizzazione come nel caso della balbuzie. Cosa fare se lo notiamo nei nostri figli?

Ho sempre scritto molto su questo argomento, e i miei articoli sono facilmente reperibili sul web. Ma il tema dei tic nervosi torna sempre alla ribalta perché rappresentano una difficoltà evidente e nello stesso tempo invalidante rispetto alle attività quotidiane. Un bimbo che ha un tic fatica a parlare, o a guardare, o a muoversi.

Tic nervosi: possono essere ereditari?

Può avere un’origine organica, ad esempio virale, ma nella maggior parte dei casi ha anche una componente emotiva. Spesso mi raccontano storie in cui il tic (identico o in altra forma) ha una storia familiare, ad esempio uno dei genitori (o un altro parente) ha avuto lo stesso problema nell’infanzia.

Questo tuttavia non deve farci pensare a “una malattia ereditaria”, ma al contrario deve destare la nostra curiosità rispetto ad alcune dinamiche familiari che riguardano il ciclo di vita di quella famiglia.

Va detto, in prima istanza, che per non percorrere un sentiero a vuoto, nel trattamento dei tic nervosi è importante includere una fase iniziale di “diagnosi differenziale”, ovvero un consulto dal pediatra e dal neuropsicologo per escludere una componente organica che renderebbe lungo e farraginoso un percorso psicoterapeutico.

D’altra parte, non possiamo pensare di non essere fatti di pensieri ed emozioni, che sono una parte indissolubile del nostro corpo. Noi siamo vissuti incarnati. Curare il corpo dimenticandoci delle implicazioni affettive che la vita (in tutte le sue manifestazioni) ha per ciascuno di noi, equivale a prendersi cura a metà, e quindi guarire a metà, o più lentamente.

Disagi emotivi: causa e conseguenza dei tic nervosi

Ecco quindi che il mio consiglio, in consulenze che riguardano i tic nervosi, va sempre nella direzione di una terapia familiare, non perché la psicoterapia riguardi solo la cura di una patologia (parola bruttissima e che genera molta paura legata a sensi di colpa e resistenze) ma perché è importante capire quali disagi emotivi sono causa e conseguenza di questo momento di “interruzione di contatto” con la realtà.

Pensate ad un tic: lazione, sia essa una parola, un gesto, o altro, invece di fluire normalmente, si blocca per una frazione di secondo e tenta di riprendere lì dove si è interrotta. Tutto questo ha certamente un significato che nessun farmaco può raccontare o risolvere.

Scopo della psicoterapia nel caso dei tic nervosi

Un sintomo è un messaggio: so che ormai chi mi segue conoscerà a memoria questa frase, ma è sempre importante ribadirla per inquadrare la cura in una dimensione priva da sensi di colpa, vergogna e che restituisca fiducia nel vero scopo della psicoterapia, che è quello di sostenere il paziente, in questo caso la famiglia, nello sviluppo delle proprie potenzialità che per qualche motivo si sono “bloccate” da qualche parte (e chiedono di tornare a fluire liberamente).

Lo psicoterapeuta, in questo caso, aiuta i genitori ad aiutare il bambino, cercando nelle dinamiche familiari dove la spontaneità di ciascuno di è interrotta e quali risorse sono presenti nelle singole persone per farla tornare a scorrere. A volte basta individuare “cosa serve” a quella famiglia per proseguire.

A tutti capita di “non voler andare avanti”, di bloccarci: per fatica, sfiducia, o per altre ragioni. Ecco il senso di una cura integrata: un atteggiamento fiducioso e la voglia di ri-mettersi in gioco come ingredienti fondamentali del prendersi cura dei più piccoli.