L’alcol in gravidanza può comportare rischi seri.
Il suo consumo da parte della madre, anche in dosi moderate può avere gravi conseguenze per il feto.
La sindrome Feto Alcolica
Tra le patologie più frequenti legate al consumo di alcolici c’è la FASD, o Spettro dei Disturbi Feto Alcolici.
Si tratta di una disabilità permanente neurocognitiva, che deriva dall’esposizione all’etanolo in utero.
L’alcol infatti passa sempre attraverso la placenta, a prescindere dall’epoca gestazionale, dalla quantità assunta o dal tipo di bevanda.
Quello che va ribadito è che anche un consumo “occasionale e moderato” può avere conseguenze permanenti e irreversibili sul nascituro a causa dell’azione embriotossica e teratogena dell’etanolo.
Il feto, infatti, non è in grado di metabolizzare l’alcol, perché privo degli enzimi necessari e quindi anche una minima quantità ne pregiudica la salute.
L’alcolemia fetale è sovrapponibile all’alcolemia materna.
Quando la mamma beve, il bimbo beve.
Alcol in gravidanza: lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità
Al fine di promuovere una campagna di sensibilizzazione e prevenzione della FASD, l’Istituto Superiore di Sanità ha avviato uno studio, ancora in corso, su “Prevenzione, diagnosi precoce e trattamento mirato dello Spettro dei Disturbi Feto Alcolici (FASD) e della Sindrome Feto Alcolica (FAS)“ coordinato dalla Dott.ssa Simona Pichini, con l’obiettivo di:
- monitorare il reale consumo di alcol in gravidanza ed esposizione all’etanolo in utero,
- sensibilizzare la popolazione sui danni alcol correlati per la salute materno-infantile,
- formare il personale socio-sanitario sulla prevenzione, diagnosi e il trattamento mirato della FASD.
Il progetto, il primo nazionale che raccolga dati oggettivi sulla situazione italiana in merito al consumo di alcol in gravidanza, ha visto coinvolti numerosi Neonatologi della SIN, tra i quali il Dott. Luigi Memo, past president del Gruppo di Studio di Genetica Medica della SIN ed Operatori Sanitari in sei Unità Operative distribuite per aree geografiche di competenza, che hanno attivato a loro volta centri collaboratori in tutta Italia.
Il reclutamento ha previsto il coinvolgimento di 2000 gestanti e 2000 neonati sul territorio nazionale, senza criteri di esclusione specifici e la raccolta di dati sia soggettivi che oggettivi, con un questionario sulle abitudini alimentari prima e durante la gravidanza e la donazione di un campione biologico da parte delle mamme (una ciocca dei loro capelli o un campione di meconio del neonato nelle prime ventiquattro ore di vita) per la ricerca in laboratorio dell’etilglucuronide, un biomarcatore specifico del metabolismo dell’alcol.
Vi terremo aggiornati sui risultati dell’indagine.