Bambole e anoressia. L’accostamento potrebbe apparire un po’ forzato; in realtà me l’ha suggerito la lettura di due articoli comparsi sul quotidiano la Repubblica di qualche giorno fa. Il primo articolo, dal titolo “Le ragazze malate aumentano e una su dieci è sotto i 12 anni”, era tra le pagine dedicate a Milano e provincia; l’articolo riporta infatti cifre molto forti e allarmanti riguardanti il problema dell’anoressia, che colpisce a Milano circa 5000 adolescenti. E il fenomeno è in crescita tanto che…

le ragazze anoressiche sono in lista d’attesa per le cure all’ospedale di Niguarda, centro per la cura dei disturbi dell’alimentazione fra i più importanti del Nord Italia.

La dottoressa Maria Gabriella Gentile, direttore appunto del centro di nutrizione di questo ospedale, sottolinea come l’età a rischio cominci dai 14 anni ma pone l’accento sul fatto che negli ultimi tempi quest’età si stia notevolmente abbassando; il 10 per cento delle ragazze che soffrono di anoressia ha infatti 12 anni.

Sono questi dati che vanno ad impattare nell’età pre-adolescenziale, se non addirittura prima, che mi hanno fatto ritornare all’articolo dal titolo “La generazione senza bambole”, pubblicato invece nella sezione del quotidiano dedicata agli approfondimenti di costume e attualità.

In occasione del compleanno di Barbie (festeggia i cinquant’anni!), l’articolo esordisce con la domanda: “Con che cosa giocano le nostre figlie?” Barbie infatti sta perdendo terreno nelle vendite; nonostante restying e lifting  appare oggi preistoria e non riesce a reggere la concorrenza con modelli, quali le Winx e le Bratz.

Modelli che comportano una regressione negli stereotipi in cui le bambine vengono indotte ad identificarsi, venendo sempre maggiormente spinte verso il lolitismo, in un clima generale di accelerazione dei tempi di crescita, come afferma Anna Oliviero Ferraris, ordinario di Psicologia dell’età evolutiva alla Sapienza di Roma.

Queste bambole oggi così tanto in voga appaiono truccatissime, con “accessori sempre più trash e con labbra che sembrano già ritoccate dal chirurgo estetico”; sono bambole ammiccanti e provocanti tanto quanto Barbie è una “signora”.

Insomma, le tradizionali bambole, quelle da vestire, cullare, a cui far da mamma sono destinate solo alle bambine in età da asilo; Winx e Bratz sono invece nei desideri e nei cesti-gioco di bambine che “a nove anni già sognano di fare le veline e a dieci rischiano di diventare anoressiche”.

Ecco che forse l’accostamento bambole-anoressia appare meno arbitrario, più giustificato; con questo non è mia intenzione certo asserire che il problema dell’anoressia si riduca a una scelta   drammaticamente selettiva dei giochi dei nostri figli, ma sicuramente nel prendere consapevolezza che, insieme ai giochi, noi genitori proponiamo ai nostri figli anche dei modelli da acquisire… considerazione che non sempre facciamo al momento dell’acquisto.

Ciò non vuol dire che dobbiamo necessariamente comprare o regalare solo giochi didattici o a finalità pedagogiche, che possono peraltro non stimolare la libera attività ludica del bambino, ma che dobbiamo forse puntare ad offrire ai nostri figli una panoramica di scelta più vasta, se, come rivela un sondaggio condotto su un campione di duecento genitori di bambini fra i 5 e i 12 anni,  solo il 18 per cento di tali genitori si sono sentiti richiedere per Natale giocattoli di tipo tradizionale, mentre la restante maggioranza ha optato per giochi elettronici.

I bambini fanno le loro richieste motivandole su quanto la pubblicità, compagni, amici veicolano loro, ma sta ai genitori proporre alternative valide sulla base dei modelli che desiderano i loro figli acquisiscano.