Il bambino russa. Capita. Non è un fenomeno insolito.

Alle volte può bastare anche un lieve raffreddore o una posizione poco adeguata.

Se capita ogni tanto, non c’è nulla di preoccupante.

Quando preoccuparsi

Quando il russamento si presenta:
costantemente tutte le notti;
– è accompagnato da difficoltà respiratorie;

è utile rivolgersi a uno specialista per valutare l’entità del disturbo e individuarne le cause. Sarà il medico a stabilire se si tratta di una condizione di russamento semplice o sintomatico di una condizione di apnea ostruttiva.

Che cos’è l’apnea ostruttiva del sonno?

Per sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSAS – in inglese obstructive sleep apnea syndrome), si intende un disturbo della normale frequenza respiratoria che prevede l’arresto del respiro che superi i 10 secondi.

Questa condizione rappresenta il disturbo del respiro di maggiore intensità, ma possono esserci condizioni più lievi:

  • russamento semplice, presente non più di due notti a settimana, che non altera la struttura del sonno;
  • russamento sintomatico, in grado di influenzare negativamente la qualità della vita del paziente;
  • sindrome delle aumentate resistenze respiratorie (UARS: upper airway resistance syndrome);
  • ipopnea ostruttiva, che prevede la riduzione del flusso aereo del 50% per un periodo di tempo inferiore ai 10 secondi.

Come si diagnostica l’apnea ostruttiva

La ricerca dei sintomi è essenziale per arrivare al sospetto diagnostico e per eseguire gli esami che consentono di confermare la diagnosi di apnea ostruttiva del sonno.

Quando il sospetto è forte, è necessario procedere a indagini quali la:

  • pulsossimetria notturna (esame di screening);
  • polisonnografia (esame essenziale per arrivare alla diagnosi).

La cura

La diagnosi e l’impostazione della terapia delle apnee ostruttive del sonno sono necessariamente multidisciplinari in quanto vanno coinvolti, oltre al pediatra o al medico di famiglia anche lo specialista otorinolaringoiatra, il broncopneumologo, l’odontoiatra, il neurologo, e in alcuni casi anche il chirurgo maxillo-facciale.

Fonte: Fondazione Veronesi e Ospedale Bambino Gesù