L’acronimo FIVET (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer) è utilizzato per definire una tecnica di procreazione assistita tra le più comuni: si tratta di una fecondazione in vitro dell’ovulo con successivo trasferimento dell’embrione così formato nell’utero della donna.

La tecnica fu sviluppata nel Regno Unito da Patrick Steptoe e Robert Edwards. Il primo essere umano nato da questa tecnica fu Louise Brown nata a Londra il 25 luglio 1978. Gli aspetti etici sono tuttora parte fondante della ricerca di un altro padre di questa tecnica, il dottor Jacques Testart, che nel 1982 in Francia condusse il concepimento di Amandine. In Italia è regolata dalla legge 40/2004.

La procedura non è esente da rischi. Le emorragie e le infezioni sono rare. La somministrazione di ormoni alla donna comporta effetti quali aumento ponderale, vertigini, nausea, vomito, dolori addominali, nel breve periodo. Può indurre una sindrome d’iperstimolazione, che necessita a volte del ricovero. Possono inoltre essere possibili effetti tumorigeni precipitosi, qualora sia presente una formazione tumorale sensibile. Nel lungo periodo si suppone possa aver ruolo nella comparsa di menopausa precoce. Infine, gli ormoni utilizzati possono dare effetti collaterali, non legati, cioè, alla risposta medesima.

Si considera l’impianto di non più di tre embrioni, per un giusto equilibrio tra probabilità di gravidanza e rischio di gravidanza multipla. Le gravidanze multiple sono il 28 % delle gravidanze con FIVET e sono da considerarsi patologiche per madre e prole.

PROCEDURA

Di seguito viene riportata una riduzione divulgativa e a carattere generale delle diverse procedure (Protocolli) adottate per la FIVET. In alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, la legge prevede delle limitazioni anche notevoli a tali procedure (per maggiori informazioni vedere il paragrafo Legge 40/2004).

La procedura si divide nelle seguenti fasi:

Alla donna vengono somministrati per via intramuscolare o sottocutanea dei farmaci (gonadotropine) finalizzati all’iperovulazione cioè allo sviluppo di più follicoli e quindi di un numero maggiore di cellule uovo (nel ciclo spontaneo ne viene prodotta di solito una sola), di modo che possa essere prelevato un numero maggiore di ovociti. La paziente viene sottoposta ad un monitoraggio teso a individuare il momento adatto a condurre a maturazione gli ovociti (con la somministrazione di gonadotropine corioniche).
Si procede quindi all’aspirazione ecoguidata dei follicoli, al fine di recuperare gli ovociti maturati.

Il liquido follicolare viene esaminato in laboratorio e vengono recuperati gli ovociti ritenuti idonei alla fecondazione in base alla sola osservazione morfologica degli stessi, eseguita al microscopio. I gameti, cioè il seme maschile e l’ovocita della donna, vengono messi a contatto in apposite capsule di Petri affinchè uno spermatozoo penetri nell’ovocita in maniera del tutto ”naturale” (FIVET). A volte invece si ricorre alla tecnica ICSI (Intracytoplasmatic Sperm Injection, o iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo), tramite la quale lo spermatozoo viene iniettato direttamente nel citoplasma dell’ovocita.
L’embrione così formatosi viene trasferito in utero per via vaginale, normalmente entro 72 ore, nella speranza che si annidi, cioè che “metta radici” nella mucosa uterina (endometrio) e possa ricevere dalla donna alimento, calore ed energie per continuare a svilupparsi.

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