Leggendo le interviste condotte a tre famiglie con bambini disabili, quello che mi ha in particolar modo colpito – oltre naturalmente al loro eroismo quotidiano – è stato l’atteggiamento delle mamme, tutte e tre accomunate dallo stesso timore di vedere i propri figli guardati come sotto una lente d’ingrandimento. Una mamma confessa:

“Per anni non sono andata ai giardinetti perché non potevo reggere il confronto. Per anni ho dovuto digerire gli sguardi: noi genitori di disabili siamo guardati sempre, e non per dire: ‘Che bel bimbo’…

Quel che è peggio è che questi sguardi non sono cessati; quello che è finito casomai è il loro far caso a tali sguardi. Ma, mi chiedo, la disabilità è da vivere sempre come una diversità che suscita in noi solo atteggiamenti di aperta curiosità o di velata compassione?

Perché non riusciamo a capire che questi nostri sguardi non fanno altro che rendere ancora più difficile la quotidianità di chi non può averla già più ardua, che la nostra ipocrita pietà non fa che aumentare ancor di più la sofferenza a genitori e bambini soprattutto, che con essa convivono costantemente?

I genitori di questi bambini disabili accettano che i loro figli non andranno mai all’università. Saprei farlo io, sapremmo farlo noi? E soprattutto riuscirò mai, riusciremo mai a raggiungere quella capacità di amare i nostri figli non aspettandoci risposte, ma accettandoli veramente per quelli che sono?

Questi bimbi deficitano di parecchie capacità, a seconda del loro handicap, ma tutti ugualmente hanno invece la grande risorsa di far uscire il meglio dai loro genitori

Proviamo a riempire il nostro sguardo di questo!!!

La foto della cover è tratta da Vanity Fair, dove ho letto le interviste. Il bambino della foto si chiama Moreno.