“Con l’arrivo di un figlio, vieni sparato come un proiettile nel futuro, il pensiero si sposta dal rimpianto di cosa non è stato ieri alla speranza di cosa sarà domani”, mi ha detto una volta una amica. E non potrei essere più d’accordo. In poche parole, si torna un po’ bambini e la regressione raggiunge il picco massimo quando ti ritrovi a giocare a giochi di cui avevi persino dimenticato i nomi – uno due tre stella, strega comanda colore, nascondino, palla prigioniera, bandiera… – e a restarci un po’ male quando la tua squadra perde! E’ che ci vuole allenamento, non è semplice come sembra stare dietro ai giochi di un bambino (nel mio caso un superesigente treenne).

Per esempio, ricordo perfettamente che quando ero piccola il gioco di “facciamo finta che” era sicuramente il mio preferito. Con mia sorella e la truppa di cugini coetanei siamo stati pirati che solcano i mari, naufraghi assetati nel mar dei sargassi, soldati al fronte, equipaggio di aerei, casalinghe disperate, maestrine sotuttoio. Non mi vergogno a dire che ero piuttosto brava in questo gioco, trovavo sempre una scappatoia fantasiosa anche per uscire dalla stanza dove c’è una tigre dove non ci sono finestre né porte e la tigre è feroce e poi non hai una bistecca pronta da darle da mangiare e se poi e dopo e allora…

A dire il vero, questo dono per i sogni ad occhi aperti me lo sono sempre portato dietro, fino a che questa estate non ho scoperto che il mio primogenito deve averlo ereditato! Vi racconto come è successo: ero seduta su un lettino da mare quando arriva il pargoletto e si siede e senza pensare gli dico: “sali in barca che ti porto a fare un giro!”

Non l’avessi mai fatto!!! Un fiume in piena, parole parole parole e viaggi e porti in ogni dove. Completamente spiazzata, ho cercato di arrancargli dietro, provando a buttare lì ogni tanto idee tipo “siamo una nave di pescatori” o “adesso buttiamo giù l’ancora” e puntualmente sono stata rimproverata, “ma no mamma, non vedi che abbiamo la sirena??”, “ma no l’ancora, è vecchia”. Non fa una piega. Certo. Come ho detto, ci vuole dell’impegno per stare al passo con i tempi!

Tali padri (madri?) tali figli si dice, e infatti, non posso nascondere un certo moto d’orgoglio nel vedere il pupetto che con i bimbi del cortile torna a far rivivere le nostre vecchie glorie, i nostri pirati, i nostri naufraghi e tante vecchie e nuove avventure. E voi? Avete ricominciato a giocare? Non avete mai smesso?

Proprio in questi giorni, è partita l’iniziativa promossa da Città del sole I giochi che non finiscono mai diario di un viaggio tra gli ex-bambini d’Italia, corredato di foto e racconti. Lo scrittore Luca Carlucci sta viaggiando attraverso l’Italia insieme al fotografo Emanuele Bastoni per incontrare i protagonisti del libro, fotografarli insieme ai loro giocattoli e ascoltare il racconto delle loro vite, che poi confluiranno in un libro.

Per condividere la tua storia e quella del gioco che ti ha ispirato, basta andare sul  sito e caricare la foto che ti ritrae insieme al tuo giocattolo:

Per caricare la tua foto, clicca qui

Potresti essere contattato per farti fotografare da Emanuele Bastoni ed entrare nel libro I giochi che non finiscono mai, o selezionato per la speciale sezione dedicata alle tre foto più belle della community.