Con il termine violenza ostetrica ci si riferisce a delle forme di abuso che avvengono in ambito sanitario e riguardano le pratiche ostetriche e ginecologiche.

Definizione di violenza ostetrica

Il termine ha cominciato a diffondersi quando altre espressioni più generiche come “abuso di cure” non sembravano spiegare bene quanto vissuto da molte donne in quel particolare momento.

La violenza ostetrica non fa riferimento a situazioni in cui gli operatori sanitari agiscono deliberatamente per ferire o abusare, ma a situazioni di normalità e non emergenziali.

Si tratta di differenti tipologia di abusi che possono essere realizzate da tutti gli operatori sanitari che prestano assistenza alla donna e al neonato (ginecologo, ostetrica o altre figure professionali di supporto).

La violenza ostetrica si verifica quando:

  • vengono imposte cure o pratiche standardizzate senza il consenso;
  • non vengono fornite adeguate informazioni;
  • si agisce contro la volontà delle donne.

violenza ostetrica

La violenza ostetrica in Italia

Il concetto di “violenza ostetrica”, soprattutto in Italia, non è molto conosciuto se non per l’azione e le singole campagne di alcune associazioni che, coraggiosamente, hanno narrato gli abusi e i maltrattamenti subiti durante il parto.

Citiamo tra le tante, l’attività di “Un cerchio tra donne”, un gruppo di auto-mutuo-aiuto per l’elaborazione dell’esperienza del parto che è aperto a tutte quelle donne che hanno affrontato un parto difficile e doloroso.

Dal 2016 dopo il successo della campagna social #bastatacere  è nato l’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia. (OVOItalia).

Un organismo multidisciplinare che dà voce alle madri e sensibilizza la società italiana nei confronti di questo fenomeno. Tra le componenti del Comitato Etico c’è Elena Skoko una mamma che avevamo intervistato in occasione dell’uscita del suo libro “Il parto cantato“. La testimonianza della possibilità di un parto consapevole e non ospedalizzato.

Indagine Doxa OVOItalia

Nel 2019 l’Osservatorio OVOItalia e Doxa hanno realizzato la prima ricerca nazionale sulla violenza ostetrica in Italia in collaborazione con le associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo Onlus.

L’indagine è stata condotta su un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane, di età compresa tra i 18 e i 54 anni, con almeno un figlio di 0-14 anni.

Sono stati analizzati i diversi aspetti e momenti vissuti dalle madri durante le fasi del travaglio e del parto. Dal rapporto con gli operatori sanitari alla tipologia di trattamenti praticati, dalla comunicazione usata dallo staff medico al consenso informato, dal ruolo della partoriente nelle decisioni sul parto al rispetto della dignità personale.

L’indagine ha rilevato che per 4 donne su 10 (41%) l’assistenza al parto è stata per certi aspetti lesiva della propria dignità e integrità psicofisica.

Il 21% delle mamme italiane con figli di 0-14 anni (circa 1 milione) ha dichiarato di aver subito un maltrattamento fisico o verbale durante il primo parto.

In particolare, la principale esperienza negativa vissuta durante la fase del parto è la pratica dell’episiotomia, subita da oltre la metà (54%) delle mamme intervistate.

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La posizione dell’OMS

Già nel 2014 l’OMS ha scritto un documento che si intitola “La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere” in cui si dice che in tutto il mondo molte donne durante il parto in ospedale

«fanno esperienza di trattamenti irrispettosi e abusanti».

Si dice anche che questi trattamenti non solo violano

«il diritto delle donne ad un’assistenza sanitaria rispettosa»,

ma possono anche

«minacciare il loro diritto alla vita, alla salute, all’integrità fisica e alla libertà da ogni forma di discriminazione».

L’OMS spiega che un numero crescente di studi sulle esperienze delle donne durante la gravidanza, e in particolare durante il parto, dà un quadro allarmante.

Si parla di abuso fisico diretto, abuso verbale, procedure mediche coercitive o non acconsentite (inclusa la sterilizzazione). Mancanza di riservatezza, carenza di un consenso realmente informato. Ma anche rifiuto di offrire un’adeguata terapia per il dolore. Così come si verificano gravi violazioni della privacy. Il rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere, la trascuratezza nell’assistenza al parto con complicazioni altrimenti evitabili che mettono in pericolo la vita della donna. Ed infine la detenzione delle donne e dei loro bambini nelle strutture dopo la nascita connessa all’impossibilità di pagare.

Inoltre, tra le donne più esposte alla violenza ostetrica l’OMS segnala le adolescenti, le donne non sposate o in condizioni sociali e economiche sfavorevoli. Le donne appartenenti a minoranze etniche, o donne migranti e infine le donne affette da HIV.

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Più tutela per le donne in Europa

Nel 2019, il Consiglio d’Europa ha adottato la Risoluzione 2306 (2019).

In questo documento il Consiglio asserisce che si tratta di una forma di violenza

“a lungo nascosta e troppo spesso ignorata”,

e invita gli Stati a garantire che l’assistenza al parto sia sempre rispettosa dei diritti umani, a fornire ai medici e al personale sanitario una formazione specifica sulla violenza ostetrica, a istituire dei meccanismi di reclamo per le donne che subiscono questo tipo di maltrattamento e a prevedere anche delle sanzioni per gli operatori sanitari.

Ma a segnare un altro passo importante nella definizione di questo tipo di violenza, a livello mondiale, è il report presentato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2019, curato da Dubravka Šimonović, relatrice speciale sulla violenza contro le donne, che inquadra questo tipo di maltrattamento nell’ambito delle discriminazioni di genere e della violazione dei diritti umani.

Nel report si invitano gli Stati a prendere posizione e a

rivedere e rafforzare le leggi che vietano tutte le forme di maltrattamento e violenza contro le donne, inclusa la violenza psicologica, durante la gravidanza e il parto e altri servizi di salute riproduttiva, in linea con gli strumenti dei diritti umani delle donne“.