Non a una scuola qualunque, però, bensì alla Scuola della vita di Londra, “The school of life“. Nata da in’idea di Sophie Howarth, esperta di fotografia, curatrice della Tate Modern, è aperta da settembre 2008 e conta già più di 3000 iscritti. I corsi sono piuttosto particolari: possono durare il tempo di un pasto, di una conferenza, di un fine settimana o anche più a lungo. I docenti sono poi ancora più particolari.

Potremmo incontrare il filosofo Alain de Botton, che propone tra le altre cose una vacanza a Heathrow, per girare il mondo senza muoversi dall’aeroporto, e una conferenza sul pessimismo, utile per poter essere sorpresi piacevolmente dalla realtà.

Il fotografo Martin Parr ci mostrerebbe invece aspetti sconosciuti dell’isola di Wight in un’altra vacanza organizzata dalla scuola.

Per chi non può spendere molto la scuola propone inoltre una “holiday at home”, con testi di Kapuscinski e de Botton, mascherina da notte, cartoline e autoabbronzante.

Sarebbe interessante sentire una conferenza di Richard Reynold, fondatore in Inghilterra del progetto chiamato guerrilla gardening, diffuso in diversi stati del mondo e da non molto anche in Italia, che propone di riqualificare spazi urbani nascosti o dimenticati attraverso la semina e la cura di piante.

Non si potrebbe inoltre mancare alle lezioni di Gavin Pretor-Pinney, fondatore della Cloud appreciation society e autore del testo “Cloudspotting. Una guida per contemplatori di nuvole”: impareremmo a guardare più spesso in alto, facendo una sorta di “meditazione meteorologica” e sentendoci immediatamente molto meglio.

Da ultimo, sarebbe interessante seguire le lezioni di Roman Krznaric: tra le sue mille professioni si annovera quella di studioso di sociologia del lavoro. Per la Scuola della vita ha in programma corsi di politica, amore e – appunto – lavoro. Egli sostiene che in questo momento sul lavoro bisogna “essere generalisti, non specialisti (…) provare strade diverse (…) così da sviluppare i nostri talenti e le nostre passioni“. Se non ci sentiamo appagati dal nostro lavoro, chiediamoci se soddisfa le due esigenze cardine, secondo Krznaric: “pagare le nostre bollette ed essere fonte d’ispirazione per migliorare la condizione umana“. In caso contrario, osiamo, proviamo una strada diversa, esaltando il nostro eclettismo, la nostra versatilità e flessibilità.

Afferma il filosofo Alain de Botton che presso la Scuola della vita si impara a credere nella “culture therapy“, il potere terapeutico della cultura. Sophie Howarth sostiene che la  crisi economica, anziché essere di ostacolo al successo della scuola, pare lo abbia favorito. La gente ha ripreso a “occuparsi di questioni basilari come amore, sentimenti, famiglia“, afferma.

Si tratta secondo voi di follia di stampo britannico o di un interessante modello  di scuola a  cui potremmo ispirarci anche noi? Cosa ne pensate?