Josef Fritzl, il settantatreenne che per 24 anni ha tenuto segregata in cantina la figlia Elizabeth, oggi quarantatreenne, è stato condannato all’ergastolo. La donna, violentata dal padre migliaia di volte, ha vissuto in stato di schiavitù per più di due decenni e ha dato alla luce sette figli, di cui sei ancora in vita, concepiti insieme al padre. Di questi sei bambini, tre erano stati adottati dallo stesso Fritzl e da sua moglie e vivevano alla luce del sole, gli altri invece vivevano segregati con la loro mamma nella cantina di 11 metri quadrati, per anni avevano assistito agli abusi del nonno-papà, e il loro stato di salute fisica era estremamente precario. Tutto ciò è accaduto in una villetta nella cittadina austriaca di Amstetten, praticamente sotto gli occhi di Rosemarie, l’ignara moglie di Fritzl, e degli altri loro figli.

Nessuna attenuante è stata quindi concessa al mostro, giudicato colpevole di omicidio colposo, riduzione in schiavitù, segregazione, stupro, incesto e gravi minacce. L’uomo dovrà scontare la pena in un istituto psichiatrico.

Entrato in aula giovedì 19 marzo senza più nascondere il volto, come aveva fatto durante i primi giorni del processo, Fritzl ha dichiarato di essersi pentito “di cuore”; ha affermato inoltre di avere compreso la sentenza con le sue conseguenze, e di accettarla.

La violenza tra le mura domestiche è estremamente diffusa, risulta in crescita ed è un fenomeno difficilmente arginabile, perché le vittime spesso evitano di denunciare i loro aguzzini, per paura, pudore, vergogna, o perché comunque esiste un rapporto affettivo al di là della violenza, che risulta difficile compromettere.

Certo che questa vicenda sembra incredibile, e si desidera con tutto il cuore pensare che non sia vera. Forse proprio per questo il pubblico ministero Christiane Burkheiser ha portato in aula una scatola contenente oggetti che provenivano dalla cantina e ha invitato i giurati ad annusarne il contenuto. Coinvolgendo i sensi delle persone presenti la donna ha reso il dramma della ragazza e dei suoi bambini più concreto, quasi palpabile.

L’orco cattivo, che non si incontra neanche nelle fiabe più cupe, ma che vive in Austria, è in carcere. Giustizia è stata fatta. Per Elisabeth e per i suoi figli può incominciare forse una nuova vita.