Caterina non manda sua figlia a scuola: è lei a insegnarle le varie materie seguendo i programmi ministeriali.

Quali sono i motivi di questa scelta, Caterina? Non ti fidi della scuola pubblica?

“Se il mio obiettivo fosse stato quello di tenere Raia ad un livello scolastico pari a quello dei bambini scolarizzati, avrei fatto meglio a mandarla a scuola. Ma io volevo che lei sperimentasse la diversità, il rispetto, la capacità di vivere nel mondo con responsabilità e autonomia; che acquisisse consapevolezza di sé e di ciò che la circonda senza subire giudizi di valore. A suo tempo, il sistema scolastico tradizionale aveva minato profondamente l’autostima di mio marito non riconoscendogli i suoi molti talenti, e io volevo evitare che a mia figlia accadesse la stessa cosa. Per questo ho preferito essere direttamente responsabile della sua crescita non solo intellettiva, ma anche emotiva: una responsabilità che ritengo troppo grande per delegarla a terzi”.

La scelta di Caterina

A parlare è Caterina Bernardi, mamma di Raia – 8 anni – e homeschooler. Ogni anno Caterina sottopone Raia agli esami pubblici affinché la bambina possa essere ammessa alla classe successiva, nel caso in cui volesse tornare alla scuola tradizionale. La bambina finora ha dimostrato di avere acquisito non solo le competenze richieste, ma anche una presenza a se stessa e una autonomia di pensiero che le sono valse le congratulazioni della commissione esaminatrice.

La decisione di Caterina di provvedere direttamente all’istruzione di Raia non è così estrema: in Italia sono migliaia le famiglie italiane che scelgono di non mandare i figli a scuola, preferendo un modo alternativo di istruire i propri figli. E io, che sono andata a scuola anche controvoglia nel timore che – come minacciavano i miei genitori – se mi fossi rifiutata vi sarei stata portata a forza della polizia, mi sono chiesta: ma è legale tutto questo?

L’homeschooling: è legale?

Lo è.

L’art. 34 della Costituzione dispone che “l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita” sancendo quindi l’obbligatorietà dell’istruzione comunque impartita, e non della scuola. L’art. 30 recita : “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”, sottolineando quindi la responsabilità primaria dei genitori sull’istruzione dei figli. La materia è poi stata regolata da decreti e circolari ministeriali che hanno circoscritto l’ambito di applicazione dell’educazione parentale: ai genitori viene richiesto di dare dimostrazione di avere la capacità “tecnica od economica” a insegnare – è sufficiente una autocertificazione – e di comunicare la propria scelta anno per anno alla direzione didattica di competenza. Se praticare l’istruzione parentale è un diritto, alla scuola pubblica è comunque concesso di esercitare controlli sull’effettivo adempimento qualora vi siano “forti dubbi” sull’assolvimento dell’obbligo, o se la famiglia sfugge ad ogni contatto. Infine, sulla base di una interpretazione logico sistematica della normativa sull’obbligo di istruzione DM 139/07 e di un recente parere espresso dal Consiglio di Stato, la scuola parentale può essere praticata, fino ai 16 anni con il conseguimento dei saperi e delle competenze relativi ai primi due anni di istruzione secondaria superiore.

I siti dedicati

Ad aiutare le famiglia homeschooler nel loro percorso esistono diversi siti dedicati: Controscuola.it, Educazione Parentale, Istruzione Parentale, e numerosi blog e forum in cui le famiglie homeschooler possono scambiarsi consigli, informazioni e suggerimenti sul percorso da seguire. Non senza polemiche, ché la contrapposizione tra istruzione tradizionale e parentale sembra svolgersi su un piano non limitato all’ambito familiare ma ideologico: le battaglie online su chi difende l’una o l’altra scelta sono furibonde e apparentemente senza spiegazione.

La contrapposizione con i sostenitori dell’istruzione tradizionale 

Chi sceglie la scuola tradizionale sottolinea l’importanza della socializzazione tra compagni di classe, il valore educativo del gruppo-scuola e dichiara la propria inadeguatezza nel trasmettere un’istruzione scolastica ai figli, scegliendo di affidare quest’ultima a chi ha le competenze specifiche per farlo.

Chi preferisce farsi carico direttamente dell’istruzione dei figli, d’altro canto, motiva la propria decisione con la possibilità di garantire un’istruzione continuativa, tarata sulle specifiche esigenze dei figli e trasmessa anche attraverso vie non convenzionali.

Caterina, tu come ti collochi?

“A metà” risponde lei “La mia situazione logistica – io e mio marito abbiamo una fattoria didattica a Caldirola, in montagna – ha reso preferibile l’homeschooling, ma entrambi riteniamo che questa sarebbe stata comunque la scelta migliore per Raia: qui in montagna lei non ha un solo maestro, ma molti. Raia vive esperienze che non sarebbe in alcun modo replicabili in un contesto tradizionale. Il nostro obiettivo principale è che impari a vivere il mondo con rispetto e responsabilità e questo mi sembra più facilmente perseguibile nel mondo “aperto” che non a scuola. Certo non trascuriamo la didattica e ci impegniamo perché gli obiettivi dei programmi ministeriali vengano raggiunti. Ogni anno Raia – che adesso frequenterebbe la classe terza – si sottopone all’esame di ammissione alla classe successiva che è obbligatorio solo se il bambino rientra nel percorso di studi normale: voglio che abbia la porta aperta nel caso in cui un domani volesse o dovesse andare a scuola”.