Contrariamente a quanto accade agli adulti, il sonno, per il bambino, non ha soltanto la funzione di garantire il recupero dalle fatiche della giornata ma svolge, invece, un ruolo ben più importante. Durante il sonno il bambino mette a punto l’organizzazione dei propri circuiti cerebrali, rafforza il suo sistema di difesa contro le malattie, produce l’ormone necessario alla sua crescita.

Sembra che i piccoli, già appena nati, siano in grado di imparare velocemente anche mentre dormono. E’ quanto sostiene uno studio condotto da neuroscienziati della Columbia University di New York, primo nel suo genere che potrebbe portare ad individuare i bambini a rischio di disturbi dello sviluppo, come l’autismo e la dislessia,

Lo studio ha analizzato le reazioni di 26 neonati sani tra le prime 10 e 73 ore dopo la nascita: i piccolissimi sono stati sottoposti all’ascolto di brevi toni musicali seguiti da uno spruzzo d’aria fresca sulle palpebre per 200 volte nel giro di mezz’ora e ben 124 elettrodi intorno alla testa dei neonati hanno registrato le loro reazioni. Gli scienziati hanno così potuto osservare che nel giro più o meno di 15 minuti tutti i neonati si aspettavano lo spruzzo di aria e strizzavano le palpebre.

La dott.ssa Byrd, ricercatrice psicologa presso l’Università della Florida che ha collaborato con il team di scienziati ha detto: “Questo metodo apre la strada a nuovi tipi di ricerca potenzialmente utili ad individuare popolazioni a rischio, quelli che mostrano anomalie nei sistemi neurali alla base di questa forma di apprendimento, questi includerebbero fratelli di persone con autismo e fratelli di persone con dislessia. Il sonno dei neonato è molto diverso da quello di bambini più grandi o da quello degli adulti, in quest’ultimi l’apprendimento è associato solo ai momenti in cui durante il sonno cuore e respiro sono più accelerati. Un altro fattore importante è che il cervello dei bambini ha una maggiore plasticità neurale. I neonati possono essere molto adattabili alla formazione in generale, semplicemente perché il loro cervello ha una maggiore plasticità, una maggiore propensione ad essere cambiato con l’esperienza”.

La ricerca è stata pubblicata on line questa settimana su Proceedings of the National Academy of Sciences.

Fonte: italia-news.it

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