Che cos’è la diversità? La diversità è la presenza di una moltitudine di colori, la bellezza di paesaggi che passano da un tramonto sul mare ad un tappeto di foglie nel bosco in autunno. Dalle case innevate in alta montagna ad un fresco torrente estivo, ricoperto di muschio.
Sul piano educativo, la diversità nelle persone è ancora più interessante perché ci offre l’opportunità di vedere il mondo da punti di vista a cui non siamo abituati.

Attraverso la relazione con gli altri possiamo metterci alla prova e maturare ma, per farlo davvero, dobbiamo avere in mente due premesse essenziali:

1. La diversità è normale!

Siamo abituati a pensare che diverso sia qualcosa di strano, anomalo ma, in realtà, vale esattamente il contrario: è normale tutto ciò che è diverso. Se ci pensiamo, non esistono due persone completamente identiche, neanche tra i gemelli omozigoti.

2. I rischi del confronto

Sono diverso da cosa? Noi esseri umani abbiamo bisogno di dare un nome alle cose, di categorizzare, di incasellare e questo, se da una parte ci permette di fare un po’ di ordine, dall’altra rischia di fare perdere la specificità delle cose ma, soprattutto, l’unicità delle persone.

Proviamo ad immaginareq cosa significa avere un bambino con bisogni educativi speciali (BES) che possa avere disturbi dell’attenzione (ADHD) o sindrome dello spettro autistico (ASD) o, più semplicemente, disturbi dell’apprendimento (DSA). Al di là delle sigle che si utilizzano per definire e inquadrare le diverse sindromi con livelli di gravità differenti, ci troviamo di fronte a bambini che hanno le loro uniche e preziose caratteristiche.  Pensiamo a questi bambini e alle loro famiglie. Facciamolo solo per focalizzare l’attenzione. Poi, liberiamoli dalle sigle e consideriamoli bambini e genitori, punto. Li vedremo sotto una luce completamente diversa.

Come rispondere alle domande dei bambini sulla diversità

Quando si entra in contatto con bimbi che presentano difficoltà, capita di non sapere come comportarsi e, spesso, si è spiazzati di fronte alle domande che i nostri figli ci pongono sulla diversità. Come spiegarla loro? Ecco alcune risposte che mi capita di sentire:

“E’ diverso”; “E’ speciale”; “Non è come gli altri bambini”. Queste risposte non sono sbagliata in sé ma da sole non bastano. E’ bene tenere presente che, a volte, se si indica un bambino come “speciale” invece di proteggerlo, si rischia di emarginarlo ancora di più.

Qualcuno più sensibile su questo tema potrebbe invece rispondere: “Non è diverso, è un bambino come gli altri”. Giusto, non fa assolutamente una piega. D’altro canto, però, anche se gli adulti dicono che si è tutti uguali, i bambini si rendono conto che però qualcosa di differente rispetto alla norma c’è: magari qualche comportamento un po’ bizzarro o, banalmente, un linguaggio poco comprensibile rispetto a quanto ci si aspetti. In un determinato contesto, le differenze possono emergere più che in un altro, quindi, dobbiamo anche fare attenzione a non azzerarle.

L’importanza dell’inclusione

La realtà è che la diversità si spiega vivendola perché i bambini, che sono attenti osservatori, la vedono.

I bambini, attraverso la scuola hanno modo di conoscere la realtà per come è, mentre gli adulti, anche insegnanti, hanno schemi mentali influenzati dalla cultura, che possono bloccare il processo di conoscenza, innescando la cosidetta profezia che si autoavverra. Se pensi che il bambino non ce la fa perché ha dei problemi, il bambino continuerà a dare quello che ci si aspetta da lui.

Ho il privilegio di lavorare in una scuola dell’infanzia, ho sotto gli occhi quotidianamente i comportamenti dei bambini e mi piace l’idea di portare alla luce e condividere delle osservazioni da cui noi adulti dovremmo trarre ispirazione:

1. I bambini si fanno delle domande: già dai 4 anni si chiedono perché quel bambino “è così e non fa esattamente quello che dice la maestra?”. La frase “è così” è già una forma di accettazione. Il bambino parte dal dato di fatto.

2. Riconoscono le analogie e le differenze. Quando sono inseriti in una classe imparano a capire cosa si può o non si può fare. Sono in grado di capire con una sensibilità invidiabile e distinguere il bambino che non “segue le regole” perchè ha bisogno di essere aiutato, da un altro che semplicemente non vuole ascoltare la maestra.

3. Sono capaci di andare oltre. A scuola imparano a conoscersi e, proprio per questo, ad accettare e comprendere anche i comportamenti un po’ strani del compagno, il disordine e le urla dell’altro. In alcuni casi anticipano i bisogni e, per esempio, senza che la maestra lo chieda, danno la mano al bimbo che tende ad uscire dalla classe senza motivo, per riportarlo dentro.

4. Seguono i modelli e ripetono le parole che sentono dagli adulti che si occupano di loro. In una della classe in cui lavoro, l’insegnante utilizza delle parole in lingua russa per entrare maggiormente in contatto con il bambino con bisogni speciali e ho osservato che, spontaneamente, gli altri bambini le usano a loro volta, rivolgendosi a lui e contestualizzando l’intervento. A parte sottolineare l’intelligenza emotiva dei bambini, vorrei anche evidenziare quanto sia importante che l’adulto offra un valido esempio. Atteggiamenti non adeguati verrebbero riproposti nella quotidianità con la stessa sollecitudine.

Il ruolo degli adulti

Talvolta esistono situazioni più complesse da gestire poiché alcuni bambini con bisogni educativi speciali mettono in atto alcuni comportamenti imprevedibili che generano paura in alcuni compagni. In questo caso, il ruolo degli adulti è ancora più delicato, sia a scuola che in famiglia.

E’ necessario essere un modello che possa aiutarli ad avere un atteggiamento inclusivo, a partire dalla realtà. Un campo d’azione importante per i genitori è quello delle emozioni. L’empatia, la capacità di mettersi nei panni dell’altro si può imparare, condividere le proprie emozioni con i nostri bambini e ammettere l’esistenza di una gamma di sfumature è un esercizio importante.

A volte capita che alcuni bambini con difficoltà presentino atteggiamenti irruenti e provocatori, spesso nel tentativo di entrare in relazione con gli altri.
Qualche bambino appare impaurito se non addirittura terrorizzato da questi comportamenti e non è raro che riporti al genitore di non volere più andare a scuola. In genere, il genitore, preoccupato a sua volta, contribuisce inconsapevolmente ad alimentare ansia invece di aiutare ad affrontare la situazione. Se nostro figlio sembra essere “il bersaglio” di un determinato bimbo, prima di dar voce esclusivamente al nostro istinto di protezione, dobbiamo ricordarci che, accanto all’aggressività incontrollata di un bambino che ha difficoltà a relazionarsi, ce ne è un altro che magari ha bisogno di rafforzare la capacità di affrontare con coraggio le sue paure.

La scuola deve fare la sua parte, ma i genitori anche, per consentire “alle diversità” di trovare un punto di incontro.

La normalità di essere diversi

La diversità esiste, fa parte del mondo. Qualcuno sa fare delle cose che non so fare io, io sono competente in attività che non riescono a te, a lei piacciono delle cose che io non sopporto. Ci sono bambini piccoli che vanno aiutati a diventare grandi e bambini con bisogni educativi speciali che hanno bisogno di imparare a relazionarsi con gli altri e vanno sostenuti da quelli che, invece, sono in grado di farlo.

Questo articolo inizia con la descrizione di luoghi diversi. A qualcuno può piacere di più il mare, altri preferiscono la tranquillità dei boschi, altri ancora apprezzano la montagna da scalare con fatica. Non si può negare la bellezza di ciascuno di questi luoghi, così come non si può far finta che la diversità non esista. Quello che ci resta da fare è imparare a conoscerla. Più la conosceremo più saremo in grado di apprezzarla.