Navigare Sicuri è giunto a Bologna. Nell’incontro plenario di mercoledì si è toccato un tema scottante: il sexting. Conoscete questo termine? Cosa significa? Vediamo cosa si è detto durante l’incontro.

Come ha spiegato Umberto Rapetto, lo sceriffo del web, la parola sexting deriva dall’unione, dalla crasi di due termini: sex (sesso) e texting (mandare un messaggio). I giovani, dice Rapetto, utilizzano moltissimo le chat. Quando il contenuto dello scambio di chat è farcito di immagini, parole di natura sessuale si ha il sexting.

Dopo aver ricordato ai ragazzi che tutto ciò che si posta non si cancella ma rimane in rete e  che il mondo non si esaurisce su internet e su Facebook, Rapetto ha lasciato la parola allo psicologo Daniel Giunti.

Giunti ha affrontato con i ragazzi il problema della pubblicazione delle foto. Con l’avvento dei social network si ha un nuovo concetto di privacy. Dietro a uno schermo si è molto meno timidi: c’è molto meno pudore. Cadono le barriere che ci sono dal vivo, anche per i più timidi. Per questo si arriva ad essere così disinibiti in rete.

Con le foto diffuse via web, però, si rischia di essere vittime di cyberbullismo, come è accaduto ad Amanda Todd, una ragazzina americana che si è tolta la vita per delle sue foto a seno nudo diffuse tra amici e conoscenti. Le ferite che si possono infliggere a livello psicologico con parole e diffusione di foto possono, quindi, avere delle conseguenze molto gravi.

I ragazzini devono tenere presente questo, quando viene chiesto loro di spedire foto sexy. Ogni ragazzo che nell’adolescenza vive con curiosità, fatica ed esaltazione i propri cambiamenti fisici, deve continuare ad avere a cuore il valore del proprio corpo, che deve essere custodito e protetto.

Che ruolo hanno gli adulti in tutto ciò?

Bisogna ricordarsi che il sexting non è una malattia ma un disagio, che ha dei sintomi. Bisogna essere attenti a malesseri dei ragazzi, a cambiamenti di umore, a cambiamenti di rendimento scolastico.
Se i nostri ragazzi hanno spedito una foto sexy, si sono resi conto dell’errore e ne soffrono, se finalmente riescono a vincere la ritrosia a a parlare con noi, cosa possiamo fare?
  • ascoltare senza interrompere
  • non giudicare (il ragazzo sta già male)
  • valutare la gravità o meno e riferirsi a persone competenti: polizia informatica, psicologi, avvocati
Come comportarsi per evitare che i nostri ragazzi incappino in questo problema?
  • informarsi: genitori ed educatori devono conoscere quali sono i pericoli di internet
  • è importante che i ragazzi possano essere educati a conoscere e a dare il giusto valore al proprio corpo.
  • è fondamentale tentare di mantenere sempre il dialogo genitori – figli. Bisogna che i genitori si possano ritagliare un momento in cui ascoltare i figli in un clima di fiducia reciproca. Non bisogna sottovalutare quello che viene detto: spesso i figli non raccontano esplicitamente ma per indizi. A noi la capacità di coglierli.
L’interessante intervento di Guidi è stato arricchito anche dalla testimonianza positiva della blogger Francesca Sanzo che ha invitato i ragazzi a non considerare la rete solo come Facebook, ma come un’opportunità per mettersi in gioco, per condividere ad esempio la propria creatività e i propri talenti.
Se i ragazzi devono scopire anche le innumerevoli potenzialità del web, i genitori non possono tirarsi indietro davanti a questo fenomeno. Genitori e insegnanti devono avere un profilo Facebook se i propri ragazzi lo hanno. Impareremo da loro ad utilizzarlo, ma trasmetteremo loro il nostro spirito critico e cresceremo insieme.
Possiamo sperare che i nostri figli non arrivino mai ad abbassarsi i pantaloni e a fotografarsi, che le nostre figlie capiscano da sole che una foto delle proprie curve proprio non va fatta, ma non possiamo sottovalutare il problema. Educhiamoli a utilizzare la testa e a capire sempre le conseguenze delle proprie azioni. Solo crescendo teste che sanno ragionare e giudicare possiamo sperare di rimanere immuni a tanti problemi legati alla rete e non solo. Alla prossima tappa!