Quando si nasce prima del tempo si mette in moto un percorso di cura per assicurare la sopravvivenza del bambino ma quali sono i bisogni delle famiglie del neonato prematuro?

Quando il neonato nasce prima dei nove mesi, tutta l’attenzione è dedicata a lui.

A salvare la vita al piccolo e spesso la famiglia, i bisogni di quella mamma che partorisce un neonato e se ne torna a casa senza, perché lui ha bisogno di cure neonatali eccezionali; di quel papà che non abbraccia il piccolo ma lo guarda dietro un vetro e si stupisce che sia più grande la sua mano il più delle volte vengono ignorati o sottovalutati.

Il progetto “Nascere prima del tempo”

In Italia nascono  prematuri circa 36 mila bambini ogni anno.

Il progetto “Nascere prima del tempo, il vissuto delle famiglie con nati prematuri in Italia”, realizzato dalla Fondazione Istud in collaborazione con Vivere Onlus Coordinamento Nazionale delle Associazioni per la Neonatologia e con il supporto di AbbVie, nasce con lo scopo di raccogliere, attraverso i racconti di 149 famiglie, il vissuto, le richieste, le esigenze e le aspettative dei genitori che hanno vissuto l’esperienza del parto prematuro per poterla gestire al meglio.

Come spiega Martina Bruscagnin, Presidente di Vivere Onlus:

La prematurità è un percorso tutt’oggi poco esplorato che lascia molto spesso la famiglia senza sufficienti informazioni e senza un adeguato sostegno. Dai risultati emersi da questa ricerca vogliamo poter individuare gli spazi di intervento più idonei dal punto di vista dell’organizzazione dei servizi e del supporto integrativo per le famiglie.

Genitori-neonato-prematuro

I dati della ricerca

L’imprevedibilità 

Purtroppo il primo dato che emerge dallo studio sta nell’imprevedibilità della nascita del neonato prematuro.

La diagnosi di una gravidanza a rischio si riscontra solo nel 28% dei casi, in particolare viene diagnosticata più frequentemente nei casi di gravidanze gemellari (nel 72% delle nascite gemellari). Mentre secondo la percezione dei genitori che hanno partecipato alla ricerca, i ginecologi durante la gravidanza hanno sottovalutato i rischi nel 25% delle narrazioni.

Il risultato è che per l’87% dei parti pretermine si è trattato di un evento improvviso ed imprevisto che ha richiesto un intervento di emergenza, 8 volte su 10 (78%) con un parto cesareo.

Scarso supporto ai genitori

 

In oltre il 70% dei casi le Neonatologie e le Terapie Intensive Neonatali, sono localizzate prevalentemente all’interno della propria Regione di residenza, ma nelle grandi città.  Quindi i genitori sono costretti a lunghe e quotidiane trasferte. Inoltre in queste strutture sono scarsi gli spazi a disposizione per agevolare la permanenza dei genitori, come ad esempio letti, sedie comode e stanze appartate. Mancano anche gli spazi e il personale per praticare la marsupio terapia che favorisce il contatto tra genitore e neonato prematuro.

Una volta dimesso il bambino prematuro solo nel 10% dei casi viene offerto un supporto qualificato al domicilio. 

La ripresa del lavoro dei genitori di un bambino prematuro è molto difficile sia dal punto di vista organizzativo che emotivo.

Il 68% delle mamme dichiara impatti significativi sulle attività lavorative: ha dovuto utilizzare le ferie a disposizione, permessi speciali, ha diminuito sensibilmente le attività lavorative o addirittura ha dovuto smettere di lavorare.

 

A tal proposito segnaliamo che proprio lo scorso giugno  è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n.80, il quale prevede che, in caso di parto anticipato, i giorni non goduti prima del parto si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche oltre i cinque mesi previsti.

Per approfondimenti è possibile scaricare la ricerca “Nascere prima del tempo” a questo link.