Alcuni mesi fa ho iscritto mio figlio in prima elementare, nella scuola pubblica vicino a casa nostra: una scuola abbastanza valida, si diceva, in un quartiere “bene” di Milano. Ci era stato garantito il tempo pieno con le due maestre, perché – era stato detto – la scuola aveva l’organico sufficiente per offrirlo. E io ci ho creduto, non avevo ragione di dubitarne. Bene, quest’anno sono state create tre classi prime, per 75 bambini: due di queste sono monche, perché in una è presente solo la maestra di italiano, nell’altra solo quella di matematica. Le due maestre avevano lavorato insieme lo scorso quinquennio, ma hanno dovuto separarsi perché in ogni classe ci fosse almeno un insegnante che si potesse presentare ai genitori. L’altro arriverà, senza fretta: dopotutto questo è solo il nono giorno di scuola, perché mai dovrebbero essere presenti in due fin dal primo giorno? Per il momento nella classe di mio figlio è la maestra di religione che fa le veci di quella di matematica.

Se la situazione fosse stata semplicemente questa avrei anche potuto tollerarla, per qualche giorno ancora. Ma i problemi non finiscono qui: le classi parzialmente scoperte sono altre, non so esattamente quante: so solo che ci sono bambini più grandi che quotidianamente vengono suddivisi in piccoli gruppi e smistati tra le varie classi, prime comprese, per qualche ora, nell’attesa che il loro maestro unico – che ovviamente non può coprire da solo l’intera giornata – si presenti a scuola e li raduni nella loro classe.

Si trattava di tamponare assenze di insegnanti che si sapeva sarebbero mancate, perché, per esempio, in maternità, ma pare che le nomine dei supplenti siano state autorizzate dal Provveditorato solo qualche giorno fa: forse pensavano che qualche maestra si presentasse inaspettatamente al lavoro con neonato al seguito.

E non è tutto: la riforma Gelmini prevede che l’insegnante specialista di inglese venga abolito. (Qualcuno ricorda ancora le tre I?) Per insegnare inglese è più che sufficiente una delle due maestre della classe, alla quale è stato chiesto di frequentare un corso di 150 ore per impararlo: questo se l’insegnante c’è, naturalmente. Altrimenti se ne deve far carico la maestra di un’altra classe, che si staccherà dalla sua per due ore alla settimana.

Le ore di compresenza sono state abolite, purtroppo si sapeva, e nella scuola di mio figlio sono state create due prime dove i bambini si avvalgono tutti dell’insegnamento della religione cattolica: in questo modo le maestre possono, nelle ore in cui non lavorano in compresenza, e in quelle di religione – non avendo bambini da seguire in un’attività alternativa – andare a tappare i buchi dovuti alla spaventosa carenza di organico che affligge la scuola. Ma fino a quando si possono tappare buchi prima che la nave affondi? E per quanto tempo possono le maestre lavorare in queste condizioni disastrose, senza cadere in depressione, avere un esaurimento nervoso, o ammalarsi?

Eppure io voglio ancora credere che la scuola pubblica sia la scelta giusta, la più valida. La mia protesta è poco più che un sussurro, finché rimane una voce isolata. Ma se altre voci si uniscono alla mia, il tono si alza e la protesta può raggiungere dimensioni tali da scuotere le persone, perché la situazione migliori.

Se per qualunque ragione non siete soddisfatte di quello che la scuola pubblica offre ai vostri figli, in particolare quest’anno rispetto agli anni passati, lasciate qui un vostro commento, raccontateci quali problemi state incontrando. Insieme possiamo forse cambiare le cose.

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