Vi voglio raccontare di una pratica che fino a pochi anni fa era quasi sconosciuta in Italia, mentre oggi ha un discreto seguito, grazie anche alla presenza in rete di siti e gruppi e alla pubblicazione di alcuni libri sull’argomento. EC, l’acronimo di elimination communication, significa ritenere che il proprio bambino sia in grado fin da quando è appena nato di comunicare il suo bisogno di fare pipì e cacca.

Inutile quindi è l’uso del pannolino, che allontana il neonato dalla capacità di riconoscere cosa succede intono alle sue parti intime, crea un diaframma, impedisce o rende più difficile anche alla mamma la comprensione di quello che accade al suo piccolo.

L’ideologa è Laurie Boucke, che ha provato – con scetticismo, in principio – questa strada con il suo terzogenito: ha iniziato quando il piccolo aveva tre mesi, e da subito è riuscita a fargli fare sempre pipì e cacca in una bacinella, sorreggendolo. A nove mesi il bambino rimaneva asciutto e pulito, se gli si consentiva di sedersi sul vasino con una certa frequenza, mentre a due anni era in grado di fare tutto da solo.

Lasciando il neonato senza pannolino  e osservandolo si è in grado in breve tempo di capire quali sono i suoi ritmi di evacuazione, come cambiano, quali segnali il bambino dà subito prima di fare la pipì e la cacca. Si intensifica – così dicono i sostenitori di questa pratica – la relazione mamma bambino e la loro reciproca conoscenza, si riconoscono i bisogni del piccolo, in senso letterale ma anche figurato, senza nasconderli in un pannolino.

Si tratterebbe in realtà di una prassi comune in tutti quei paesi dove i pannolini usa e getta non sono diffusi: la stessa Boucke avrebbe iniziato una ventina di anni fa spinta da un’amica indiana.

Naturalmente i detrattori non mancano: inutile sarebbe anticipare forzatamente il controllo degli sfinteri, che avviene tra due e tre anni. In realtà non si tratta di costringere il bambino a fare qualcosa che per la sua fisologia non può ancora fare, ma solo di assecondarlo e consentirgli di evacuare in una vaschetta, nel vasino, con il riduttore piuttosto che nel pannolino.

L’aspetto che io trovo interessante è il fatto che il bambino senza pannolino è più libero nei movimenti, è libero di toccarsi  e ha una maggiore consapevolezza del suo corpo, non conosce dermatiti da pannolino, contribuisce in minor misura all’inquinamento del pianeta.

Occorre però molto tempo, molta pazienza, molta tolleranza per portare avanti con determinazione questa pratica. All’inizio bisogna mettere in conto che il piccolo si bagnerà e bagnerà per terra, e anche quando ci sembrerà di avere compreso e di riuscire a prevenire tutte le pipì, potrà capitare che il piccolo torni indietro, riprendendo a bagnarsi più o meno sistematicamente. Questa almeno è stata la mia esperienza.

Ciò non toglie che, senza pretendere di lasciare il piccolo senza pannolino giorno e notte, si può comunque farlo per qualche ora al giorno, per dargli modo di sperimentare anche il fatto di stare senza pannolino, con tutto ciò che questo comporta. Così, riconoscerà con più facilità quello che avviene dentro di sè, avvertirà eventualmente il fastidio del bagnato, apprenderà l’uso di vasino e riduttore, sarà spronato a fare a meno del pannolino quando arriverà il momento giusto per liberarsene.

Voi avete mai provato qualcosa di simile con i vostri figli?  Come avete deciso che era giunto il momento di togliere il pannolino?