Quando sentiamo parlare di rosolia ci viene subito in mente un bambino trasformatosi in una fragola.  Come morbillo, varicella, pertosse e parotite, è una malattia più comune nell’età infantile e si trasmette solo nell’uomo. Di solito benigna per i bambini, diventa pericolosa durante la gravidanza perché può portare gravi conseguenze al feto.

In un numero elevato di casi, i sintomi della rosolia possono passare inosservati, un fatto pericoloso nel caso che la malattia venga contratta da una donna incinta. E’ possibile verificare l’immunità della madre alla rosolia con il rubeotest.

L’epoca gestazionale alla quale la madre contrae l’infezione costituisce la più importante determinante non solo della probabilità di trasmissione materno-fetale, ma anche della gravità del danno fetale.
Nelle prime settimane l’infezione può generare un aborto spontaneo o morte intra-uterina. Il feto però può anche venire infettato, soprattutto nei primi sei mesi di gravidanza, e contrarre la cosiddetta sindrome della rosolia congenita (Src), che può provocare difetti alla vista o cecità completa, sordità, malformazioni cardiache, ritardo mentale nel neonato. Dalla dodicesima alla ventottesima settimana, la placenta esplica un’azione protettiva ed è quindi più raro che si verifichi un’infezione fetale.

Va inoltre ricordato che il rischio di rosolia congenita aumenta nella seconda gravidanza e progressivamente nelle successive per la possibilità di contagio nell’ambito familiare dai precedenti figli.

La diagnosi in gravidanza risulta molto facilitata se è noto lo stato immunitario pregravidico; se questo dato non è disponibile è comunque opportuno avere un dato all’inizio della gravidanza. In caso di comparsa della sintomatologia clinica, le indagini sierologiche vanno eseguite il più presto possibile e comunque entro sette giorni. Se non vi sono anticorpi rilevabili, un secondo campione di sangue deve essere prelevato dopo 3 settimane.

Se la donna è stata vaccinata o ha contratto la malattia anni prima, è un soggetto immune e pertanto una reinfezione è improbabile ed anche se avvenisse la fase viremica sarebbe assente o talmente lieve da non provocare danni al feto.

Se non si è immuni è necessario fare il test con una certa frequenza durante tutto il corso della gravidanza. La protezione dei soggetti non immuni, viene fatta con la vaccinazione che è controindicata durante la gravidanza in via precauzionale, mentre può essere effettuata in qualsiasi momento del periodo fecondo, salvo la prescrizione per almeno tre mesi di un anticoncezionale per evitare una gravidanza che potrebbe essere a rischio per la presenza del vaccino.

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