Non della dipendenza da telefonini o computer voglio oggi parlare ma di quella da droghe e alcool. E’ eccessivo o prematuro trattare questo argomento in uno spazio dedicato ai bambini tra i sei e i dieci anni? Potrebbe sembrare, ma quello che mi ha spinto ad informarmi maggiormente su questo tema è stata anche una chiacchierata che ho avuto con un collega ad una cena…

collega che fa il counselor e che mi ha raccontato come gli sia capitato, durante colloqui con dei genitori, di venire a conoscenza del fatto che ci sia circolazione di spinelli già alla scuola elementare.

Documentandomi un po’ sull’argomento, leggo che un tempo si diceva che i ragazzi italiani erano meno toccati dal vizio dell’alcool, rispetto ai coetanei stranieri; negli ultimi 10 anni non è più così. Cresce il consumo di alcool anche fra i ragazzi più giovani, fenomeno che riguarda il 20 per cento dei giovani fra gli 11 e i 15 anni.

Leggo di ragazze appena dodicenni completamente ubriache la domenica pomeriggio in discoteca, ingoiare poi pasticche, buttate fuori dai PR quando non si reggono più in piedi, e prelevate da un’ambulanza anonimamente chiamata.

Sembra che i problemi legati alla famosa “crisi adolescenziale” compaiano ormai sempre prima, nella fascia di età che riguarda la scuola media inferiore; allora forse fermarsi un po’ a riflettere su questi dati, a dir poco scoraggianti per un genitore, non sembra tanto prematuro.

Quello che risulta infatti evidente per provare ad evitare che i propri figli cadano nel vortice di tali dipendenze, è il ruolo giocato dai genitori, la relazione che sono riusciti ad instaurare con i figli; ruolo e relazione che non nascono dall’oggi al domani, ma che ovviamente vanno costruiti nel tempo.
Tempo… ci sembra non ce ne sia mai abbastanza per fare tutto… oppure pensiamo che si possa sempre rimandare a domani…

Sono questi stessi giovani che ritengono che molti genitori preferiscano ignorare, che pensano che ai grandi, a volte, conoscere faccia troppo male. Genitori che spesso si sottostimano perché ritengono di non contare nulla per i propri figli; è vero, i giovani sono bravissimi  nel dire ai genitori che per loro non contano. Ma non è così.

Antonello Vanni, educatore, insegnante e autore di Adolescenti tra dipendenze e libertà, sostiene infatti che i nostri “consigli, nonostante l’apparente disinteresse, vengono presto o tardi sempre recepiti”. Lo stesso messaggio viene sottolineato da Vittorino Andreoli, psichiatra, il quale sostiene che i genitori sono la radice degli affetti dei nostri ragazzi, che le nostre parole per loro non sono mai prive di senso perché l’approvazione o la disapprovazione di mamma e papà è per loro fondamentale.

“Quando arriva un genitore con questa paura”, spiega Andreoli, “gli spiego che il primo segno che dovrebbe destare preoccupazione è la sua risposta alle seguenti domande: “Quando è l’ultima volta che ha abbracciato suo figlio?”, “Sente il bisogno di stare con lui?”.

Il nostro ruolo e la relazione che instauriamo coi nostri figli deve avere radici profonde, che solo col tempo possono crescere… Allora perché aspettare a porci queste domande?

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