La notizia è riportata dal Fatto Quotidiano del 17 giugno, che cita l’edizione del giorno prima del Tokio Shimbun, un quotidiano cartaceo letto da circa un milione di persone: molti bambini di Koriyama, città situata a 50 km da Fukushima,  secondo questa fonte soffrono di inspiegabile perdita di sangue dal naso, debolezza e diarrea.

Qui a Koriyama infatti lo scorso 12 giugno un’organizzazione no profit chiamata Il ponte per Chernobyl ha aperto una clinica dove già una cinquantina di famiglie si sono recate per far visitare i loro bambini con sintomi simili. Nella maggior parte dei casi i medici non sono stati in grado di dire con certezza se la causa sia da imputare alle radiazioni, ma hanno prescritto analisi del sangue per accertare che non vi sia una riduzione di globuli bianchi. Il principale sintomo delle malattie dovute a esposizione a radiazioni è infatti la diminuzione dei globuli bianchi, insieme a mal di testa, nausea e vomito.

Molte famiglie non hanno potuto lasciare la zona inquinata perché non avrebbero saputo come sopravvivere.  In ogni caso la zona è stata evacuata dal governo troppo tardi, quando ormai il livello di radiazioni presenti aveva cominciato a scendere. E non sono state date indicazioni chiare da seguire: il latte, per esempio, che è prodotto localmente e viene dato d’abitudine nelle scuole, ma che tende a concentrare materiale radioattivo, in molti casi non è stato eliminato; è stata data facoltà ai genitori di decidere se somministrarlo o meno ai bambini.

L’unica nota positiva è che l’incidente di Fukushima ha sensibilizzato il mondo verso i rischi della produzione di energia nucleare e ha orientato intere nazioni verso la produzione di energie rinnovabili. L’India per esempio ha appena annunciato di investire in modo massiccio sulla produzione di energia solare. In Australia un’indagine compiuta su 14.000 persone rivela che l’86% di queste vuole che il paese dipenda esclusivamente dall’energia rinnovabile. E anche in Italia la vittoria dei sì nel referendum del 12 e 13 giugno ci ha messo al riparo da una nuova corsa verso il nucleare e ci spingerà – si spera – verso la produzione di energia rinnovabile.