Qualche giorno fa abbiamo pubblicato i rusultati di un’indagine svolta dal Policlinico Gemelli all’interno del carcere di Rebibbia, sulle mamme e i bambini che insieme a loro vivono dietro le sbarre. Sono circa una settantina i bambini che vivono come detenuti insieme alle loro madri in Italia, tutti tra 0 e 3 anni. Al compimento del terzo anno, infatti, per legge i bambini devono essere affidati alla famiglia all’esterno del carcere, se esiste, oppure a una struttura di accoglienza, nell’attesa che la mamma finisca di scontare la pena.

Una legge del 2001 prevede che le mamme condannate possano scontare la pena con i loro piccoli in strutture diverse dal carcere, se non vi è rischio che vengano commessi altri delitti, ma purtroppo fino ad oggi è stata aperta in Italia un’unica struttura per detenute con figli: si chiama Icam (Istituto a custodia  attenuata per detenute madri) e si trova in via Macedonio Melloni a Milano. Qui, solo qui, i figli delle detenute possono vivere in un ambiente che è caldo e familiare: non ci sono sbarre nei corridoi, l’unica porta che rimane chiusa è quella che dà sulla strada, e alle finestre ci sono protezioni di quelle che servono più per evitare intrusioni esterne piuttosto che fughe. Le pareti sono colorate, gli arredamenti sono etnici, ci sono giochi ovunque. Gli agenti vigilano in borghese. Volontari accompagnano ogni giorno i bambini all’asilo nido.

Si tratta di una situazione sicuramente priviliegiata rispetto a quella delle mamme detenute che devono accontentarsi di asili nido istituiti all’interno del carcere (che tra l’altro sono solo 16 in tutta Italia), e che devono dividere con i loro bambini gli spazi grigi e angusti di una cella.

Candido Cannavò, ex-direttore della Gazzetta scomparso lo scorso 22 febbraio, che per mesi nel corso del 2003 si è recato ogni mattina al carcere di San Vittore, prima di pubblicare il suo libro Libertà dietro le sbarre,  credeva molto nel progetto dell’Icam, e molto ha fatto perché venisse realizzato.

Quando potremo avere strutture simili in altre città italiane?

Altro problema, di portata più vasta, è quello dei figli dei detenuti, bambini e adolescenti, che – si stima per difetto- sono circa 75.000. Il 30% dei ragazzi con un genitore in carcere è a rischio criminalità, se non viene aiutato a elaborare la situazione. A loro pensa l’associazione Bambini senza sbarre, che ha allestito a San Vittore uno “spazio giallo“, dove i bambini in attesa di incontrare i genitori detenuti possono rilassarsi, giocando e disegnando. I detenuti che riescono a mantenere un rapporto con i loro figli hanno minore probabilità di tornare a delinquere. E’ fondamentale quindi che venga fatto il possibile per favorire una relazione tra i genitori detenuti e i loro figli, nonostante le sbarre che li dividono.

Voi cosa ne pensate?

Immagine: provincia.milano.it