Quando si parla di bambini e di dormire, sembra che pochi argomenti riescano a sollevare un dibattito appassionato come quello del cosleeping, il termine usato dagli psicologi per descrivere l’abitudine dei genitori a condividere il lettone con i loro figli.

I sostenitori del cosleeping sono convinti che è un diritto del bambino poter dormire nel letto di mamma e papà, per tutta la notte, ogni notte, da quando nascono al giorno in cui decidono di farne a meno, succeda pure a dieci settimane, dieci mesi o dieci anni.

I contrari, invece, dicono che il cosleeping provoca una gran quantità di problemi sia di giorno che di notte, e dovrebbe quindi essere vivamente scoraggiato. E poi ci sono genitori che scelgono la via di mezzo, considerando il letto formato famiglia non una soluzione per tutte le notti ma una concessione per certe occasioni.

Il cosleeping non deve necessariamente essere una sistemazione del tipo “o tutto o niente”. Dunque ecco qualche possibile alternativa:
– anziché portare il piccolo nel lettone, potrebbe essere utile mettere la culla in camera di fianco al letto;
– quando il bambino è grandicello e nel letto si muove continuamente potrebbe essere comodo tenere il suo lettino o un materasso vicino al lettone;
permettere al piccolo di venire nel lettone solo nelle notti di venerdì e sabato. In modo da poter dormire tutti di più la mattina successiva;
– dire al bambino che è sempre il benvenuto nel lettone, a patto che aspetti il sorgere del sole prima di venire da voi. Se un giorno capita che arrivi troppo presto, sarebbe meglio riaccompagnarlo immediatamente in cameretta;
se si hanno più figli, creare un’unica camera da letto dei bambini in modo che si facciano compagnia reciprocamente durante la notte.

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