La ragazzina del quarto piano mi intercetta mentre sto per salire in auto.

“Scusi, lei è a casa questo pomeriggio?”

“Chi?”

“Lei”

“Intendi dire lei?” chiedo indicando mia figlia. Dopotutto sono coetanee.

Occhi al cielo, sbuffo impaziente, la ragazzina sillaba “Lei-tu! Mia-madre-vorrebbe-sapere-se-sei- a-casa, questo pomeriggio!”

Bambina, non ti agitare. L’ultima volta che qualcuno mi ha dato del Lei non esisteva ancora l’euro. Adesso arrivi tu, mi apostrofi con il Lei e pretendi che io capisca?

Ma la ragazzina – mi dico – è stata solo educata. Chissà se le mie figlie fanno altrettanto.

Quella stessa sera le ho sottoposte a regolare interrogatorio: “Voi sapete dare del Lei, vero?

“Certo che si!” Hanno risposto indignate.

“E lo fate?”

“Certo che no! Siamo mica matte”

Davanti al mio sguardo sorpreso, sono arrivate le spiegazioni.

Pare che tutto abbia inizio dalle scuole elementari, dove pulcini seienni si rivolgono agli insegnanti dando loro del Tu e questo viene mantenuto negli anni successivi per forza d’inerzia. I professori delle medie si arrendono al Tu dopo la prima settimana e in quelle successive hanno ben altri problemi da affrontare con le bestie adolescenti per preoccuparsi di queste sottigliezze.

genitori degli amici vengono apostrofati con il Tu quale spontanea estensione del rapporto di affetto e amicizia che si ha con i figli. «Ma soprattutto – mi spiega la  figlia grande – a dar loro del lei si teme di offenderli, rimarcando una distanza tra noi e loro. Il Tu sottintende che ti consideri loro amico, oltre che dei loro figli, e che li trovi altrettanto simpatici».

Ma alle signore si dà del Lei a prescindere, soprattutto se hanno un’età: è una questione di educazione.

«Mamma, vorrai scherzare» – ribatte la ragazza «È proprio a loro che devi premurarti di dare del Tu. Le rare volte che ho dato del Lei ad una signora, ho visto sguardi allarmati e mi sono sentita chiedere se davvero la considerassi così vecchia. Avrei voluto rispondere “Signora, avrà trent’anni più di me! Certo che la considero vecchia”. Invece ho corretto il tiro e mi sono sforzata di trattarla come fosse una coetanea».

Glom.  Quella sono io.

Quando gli amici delle ragazze vengono a casa nostra, anziché rimanere altera e irraggiungibile mi sdilinquisco in risatine, offro bibite, mi  prodigo a raccontare aneddoti simpaticissimi . Il Tu mi rassicura del fatto che mi considerano sufficientemente giovane da concedermi un atteggiamento cameratesco e confidenziale.

Che brutta cosa!

Il giorno dopo, rientrando in casa, io e le ragazze abbiamo incrociato la professoressa del primo piano. «Buonasera!» – ci ha salutato lei. «Ciao!» – hanno cinguettato loro. Io sono arrossita d’imbarazzo, la professoressa è entrata in casa con un sorriso sulle labbra largo così.