Avete presente il gruppo dei genitori che staziona nel cortile della scuola dopo l’entrata dei figli e mezz’ora prima della loro uscita?

Esatto, quel gruppo lì: mamme e papà armati di buone intenzioni, esperienza, pedanteria e un sacco di tempo libero.

Ecco, quello è il crocchio scolastico.

Mai (mai!) sottovalutare il suo potere, ché è lì che si decidono i destini della classe: è il crocchio a modulare il piano dell’offerta formativa, a esprimere il gradimento sulle attività complementari e a stabilire gli equilibri diplomatici del gruppo classe attraverso una sottile – ma implacabile – azione di pressione fatta di cene, festicciole e gite fuori porta apparentemente innocue.

Dei crocchi scolastici incontrati durante le scuole elementari delle figlie non conservo un buon ricordo.

Tra i genitori dei compagni di classe della primogenita, ad esempio, si era creata una grande e reciproca simpatia. La maestra dei nostri figli era una ventottenne entusiasta e i bambini la adoravano. Noi eravamo giovani genitori entusiasti, adoravamo i figli e la loro maestra.

Prendemmo l’abitudine di ritrovarci tutti assieme ogni fine settimana per gite fuori porta e cene in pizzeria.
Questo finché una mamma ne accusò un’altra di organizzare quei raduni al solo scopo di poter incontrare un papà del gruppo, suo presunto amante, mentre l’incolpevole maestra venne accusata di essere connivente. Seguirono denunce, litigate furibonde e l’allontanamento della maestra a cui fecero seguito anni di supplenze e una sconfortante alternanza di insegnanti stanche e demotivate. In quinta elementare i ragazzi ancora separavano i dittonghi.

Anche tra i genitori dei compagni di classe della secondogenita si era stabilita una grande e reciproca simpatia, con tutto quello che segue: gite fuori porta, cene in pizzeria, festicciole. Questo finché una parte del gruppo assunse il comando sul tema scottante del regalo da fare agli insegnanti, e la parte avversaria oppose resistenza. Ne seguirono litigate furibonde, amicizie spezzate, denunce. E chiamate in correità degli incolpevoli insegnanti, ovviamente.

Ora, con il terzo figlio, posso dire di avere imparato la lezione: alla larga dai crocchi. Crocchio = il male, crocchio = brutto.

Ma non avevo tenuto conto dell’evoluzione tecnologica: What’sApp.

Lasciato il crocchio nel cortile della scuola, questa entità mi insegue attraverso lo smartphone avvisandomi dell’ultima marachella, dei litigi tra bambini, aggiornandomi su somme da versare e insegnamenti da contestare. E quando vengo invitata per la pizzata del sabato sera, ho un brivido di paura.