Rimane ancora nella nostra giurisdizione la differenza tra figli legittimi e naturali, tra bambini che nascono all’interno di una coppia sposata e bambini figli di conviventi, sebbene il numero di questi ultimi aumenti di anno in anno.

In Italia oggi le coppie di fatto sono mezzo milione, e ottantamila sono i figli naturali nati da queste unioni, più 15% del totale.
Un trend in crescita, se si pensa che 10 anni fa i figli naturali ammontavano a  meno della metà della percentuale odierna.

La differenza tra figli naturali e legittimi aveva un senso quando si riteneva necessario conservare integro il patrimonio famigliare, mentre oggi rimane solo un retaggio del passato.

E’ vero che dal 1975, con la riforma del diritto di famiglia, i figli naturali godono dei medesimi diritti fondamentali di quelli legittimi (sostegno economico e istruzione in caso di separazione dei genitori), ma permangono ancora alcune differenze:

un figlio legittimo può liquidare in denaro la parte di eredità (un’azienda, per esempio) che spetta al fratello, figlio nato da una successiva convivenza;

un figlio naturale non ha legami di parentela con zii e cugini dei genitori, ma solo con i nonni, quindi non può ereditare se non dai nonni, a differenza del figlio legittimo, che eredita fino al sesto grado di parentela;

il tribunale ordinario prende decisioni sui figli legittimi, il tribunale dei minori sui figli naturali, e i tempi per questi ultimi sono sempre più lunghi.

Il disegno di legge Bindi del 2007, che voleva equiparare i figli naturali ai legittimi e pareva trovare tutti concordi, non è stato mai convertito in legge; viene ora riproposto dal sottosegretario alla giustizia Maria Elisabetta Casellati, che ci tiene a stabilire che nessuna differenza lessicale deve esistere tra chi è nato dentro o fuori dal matrimonio, e che vorrebbe istituire un tribunale della famiglia, che si occupi indifferentemente dei diritti di ogni figlio.

Riusciremo questa volta a liberarci dell’inutile retaggio? Forse questo disegno di legge viene ostacolato dai difensori della famiglia “tradizionale” perché percepito come un intollerabile passo verso la legittimazione delle coppie di fatto?