Se sei stata adolescente tra gli anni Ottanta e i Novanta, avrai sicuramente fatto una di queste cose:

  • La permanente. I capelli diventavano spirali di filo di ferro  che venivanio sparse a raggiera attorno alla testa, anche grazie all’azione di spume cementificanti che consentivano l’abbattimento della  forza di gravità
  • Decolorato i baffi. Era sufficiente resistere a un quarto d’ora di bruciore intenso, et voilà! Potevamo finalmente esibire delle spighe di grano sotto il naso.
  • Combattuto l’acne giovanile con creme che provocavano una sensazione come di… assorbimento. Poi vagavamo per il mondo con i crateri in faccia.
  • Mangiato le unghie a sangue. Il cambiamento ormonale ci rendeva insicure e nostra madre ci ricordava che ne avevamo tutti i motivi. C’era sempre una Elisabetta più brava, più buona e più bella da cui prendere esempio.
  • Estirpato i peli con l’attrezzo infernale. L’attrezzo infernale era una molla annodata che vibrava strappando peli, radici e pezzi di carne. Narra la leggenda che,  passato nell’incavo del ginocchio,  fosse utilizzato dal KGB quale pratico strumento di tortura.
  • Preso il sole con l’aiutino. L’aiutino era, a scelta: una soluzione di acqua e olio; la birra;  il latte di fico; lo specchio rinfrangente; le pillole al carotene. Quale che fosse stata la tua scelta, il finale della storia era sempre quello: una gita al pronto soccorso dove ti diagnosticavano un’ustione di secondo grado e ti minacciavano di non farlo mai più.
  • Acquistato litri di shampoo antiforfora, inutilmente. Magari funzionava il primo giorno ma quello successivo non avresti resistito alla tentazione di grattarti la cute per vedere se aveva avuto effetto, e  tornavi ad essere portatrice sana di neve.

E proprio ripensando agli errori ed orrori della mia adolescenza, mi sono accorta che la forfora non esiste più. Né la cellulite. Né l’acne giovanile. Né i baffi da Viky il Vichingo.

Le adolescenti di oggi esibiscono fisico da modelle e la stessa spavalda sicurezza.

“Erika, ma tu hai mai avuto la forfora?” chiedo alla mia quindicenne.
“What’s forfora?” risponde lei riempeindomi di struggimento.