Molte mamme ogni sera sono afflitte dal caos che si instaura in tutte le stanze della casa: rimettere in ordine è faticoso, e sembra che i nostri figli non vogliano proprio farlo. Ma siamo sicuri che i bambini convivano bene col disordine? Come possiamo “aiutarli ad aiutarci”?

I bambini non sono disordinati per natura

Il senso dell’ordine ha uno sviluppo precoce, e, contrariamente a quanto si pensa i bambini non sono disordinati per natura.
La capacità di stabilire un criterio nelle cose e nell’ambiente che li circonda è di fondamentale importanza, nei primi anni di età, per imparare a riconoscere gli oggetti e ad orientarsi nell’ambiente.

Questo orientamento richiede uno sforzo notevole, e risponde a regole che spesso sfuggono alla comprensione adulta, ma che hanno una loro logica se considerate dal punto di vista del bambino.

Ciò che conta è l’esempio

Imporre l’ordine ai bambini è una lotta persa in partenza: per educare un bambino il primo passo è l’esempio. Riflettiamoci bene: siamo davvero persone capaci di riporre ogni cosa al suo posto, o anche per noi a fine giornata è difficile non accumulare degli oggetti che non hanno una loro sistemazione?

Lo stile di vita familiare influisce molto sulle abitudini dei bambini, e nello stesso tempo è improbabile che loro riescano a rimettere a posto i loro giochi se non si è stabilito un criterio di sistemazione.

I bambini sotto i tre anni di età non sono in grado di avere memoria di una grande quantità di oggetti, ecco perché si suggerisce di evitare l’eccesso di giocattoli che non riuscirebbero ad utilizzare con frequenza (e di conseguenza a ricordare dove vadano riposti).

Dividere gli oggetti per categorie

Al contrario, disporre gli oggetti in modo accessibile, facendo in modo che ci siano 4 o 5 macrocategorie (esempio: costruizioni, disegno, bambole, musica, sport…), renderà più semplice non solo trovare il luogo in cui riporre il gioco dopo averlo utilizzato, ma anche dove cercare qualcosa quando se ne ha bisogno.

Insomma: pazienza e metodo, da applicare non con rigore metodologico ma come una buona prassi, da testare innanzitutto su noi stessi.