Bettona è un paese di appena 4000 anime arroccato sulle colline della campagna umbra.  E’ ingistamente (fortunatamente?) trascurato dal turismo di massa, che gli preferisce la vicina Assisi. Circondato da ulivi e con una campagna disseminata di piccole chiese romaniche, Bettona è inserito tra i Borghi più belli d’Italia e ogni sua pietra conserva tracce della storia passata, dalle mura etrusche alla cinta medievale, dagli edifici bizantini alle chiese del periodo pontificio.

Un paradiso in terra, quindi. Eppure le donne del borgo non la pensano così.

“Dopo essere diventate mamme, non ci è stato più possibile ignorare come fosse venuto meno  il tessuto sociale dove far crescere i nostri bambini” racconta Maria Grazia Taccucci, fondatrice – assieme a Flora Colacurcio e Pamela Modesti – di Progetto Gea, un’associazione nata allo scopo di adottare iniziative comuni finalizzate al recupero del territorio.

“Il nostro meraviglioso paese, già privato di servizi basilari come la scuola e la posta, sembrava destinato a morire. Mancavano spazi comuni che permettessero una vita sociale attiva, dove costruire delle relazioni. Questa situazione è diventata ancora più evidente quando ci siamo ritrovate ad affrontare il puerperio in solitudine. Ci siamo accorte che a soffrire di questa situazione di isolamento non eravamo solo noi, ma anche bambini, anziani, e immigrati. Le fasce deboli. Abbiamo tutte avvertito l’urgenza di fare qualcosa, di rimuovere l’indifferenza e riappropriarci del territorio, recuperando quella vita di relazione che si stava spostando altrove, nei centri commerciali”

Per farlo,le mamme di Bettona hanno seguito la via più semplice e di impatto.

“Siamo uscite per strada con i nostri bambini e abbiamo iniziato a sorridere ai passanti, a parlare con loro, ogni giorno, tutti i i giorni. Il nostro obiettivo era farci vedere, entrare a far parte del quotidiano degli abitanti del luogo, non più abituati a vedere persone e bambini che si aggregano nella piazza e nelle vie del borgo. Era stupefascente constatare come, nonostante le dimensioni ridotte, non ci si conoscesse l’un l’altro. Quei semplici gesti sono stati contagiosi: sorriso dopo sorriso, sguardo dopo sguardo, le persone hanno cominciato a conoscersi, a raccontarsi, a cooperare. In breve è tornata la voglia di condividere, di ricostruire quella rete di relazioni che stava andando perduta, A quel punto, non potevamo fermarci”

Maria Grazia e le altre mamme di Bettona hanno così dato  vita all’associazione Progetto Gea  “In onore della nostra madre terra da dove tutto nasce e tutto torna con armoniosa ciclicità. Come associazione abbiamo organizzato laboratori di lettura creativa, di disegno, di teatro, ma anche semplici passeggiate nella nostra meravigliosa natura alla scoperta delle erbe spontanee in compagnia delle donne più anziane che ci  hanno simbolicamente adottato. Il nostro progetto più ambizioso, oltre ad avere una sede offertaci gratuitamente dal Comune dove operare, è quello di fare breccia nei cuori dei nostri compaesani e di lasciare delle consegne ai nostri figli: insegnare loro il senso della collettività intesa come contenitore di memoria e preziosa fonte a cui attingere nel corso della vita”

I comuni in Italia sono circa ottomila. Conservano la memoria di un passato recente in cui il welfare era dato dallo scambio e dal mutuo aiuto tra compaesani. Mi piace pensare che quanto di buono poteva offrire la vita di paese, quel senso di appartenenza a un territorio, possa essere recuparato e sostenerci in questi tempi difficili.

Le mamme di Bettona hanno cominciato a farlo, sorridendo.