Vi è mai capitato di chiedervi quanto di come agite, o reagite, coi vostri figli, dipenda più da come gli altri si aspettano che voi vi comportiate che non da come in realtà vi verrebbe naturale agire? Questa riflessione mi è nata quando, qualche anno fa, chiacchierando con una giovanissima mamma – una mia studentessa appena più che ventenne – mi aveva confidato che non portava più il suo piccolo bimbo al parco a giocare…

perchè il suddetto piccolo bimbo prendeva a morsi i suoi amichetti nei momenti in cui veniva a scontrarsi con loro. Il suo rifiuto di andare al parco era dovuto al fatto che temeva di essere giudicata, dalle altre, una cattiva mamma.

Col passare del tempo ho avuto occasione di osservare molti comportamenti dei genitori, nelle più svariate circostanze: dalle sceneggiate nei supermercati alle plateali sfuriate per una parolaccia di troppo, dai mercanteggiamenti davanti alle vetrine dei negozi ai rocamboleschi alibi coi quali tutti noi genitori cerchiamo di giustificare i comportamenti scorretti dei nostri figli ( il più gettonato: “Di solito non è così, poverino oggi è stanco, non ha dormito bene!”).

Chi di noi non è cascato almeno una volta in questi drammi pubblici? L’essenziale però mi sembra consista nel capire quanto in realtà ci appartenga di questi atteggiamenti. Sono convinta che nella maggior parte dei casi punizioni, castighi, filippiche esemplari servano solo a metterci al riparo da quanto gli altri si aspettano da noi (nel caso della mia studentessa, dare soddisfazione alla mamma del bimbo morso).

Pensate, come me che una bella chiacchierata a casa, sbollita la rabbia, dia più frutti, anche se magari il tempo della raccolta non è dietro l’angolo?