I bambini adottivi sono per definizione bambini sofferenti. Hanno sopportato privazioni, traumi, separazioni e spesso violenze psicologiche, fisiche o sessuali.

E’ scientificamente dimostrato che tali sofferenze in tenera età possono alterare la conformazione fisica del cervello, che sviluppa sinapsi (detto semplicemente: i collegamenti  tra i neuroni) di quantità e qualità inferiori alla norma. Questo può determinare difficoltà di comportamento e di apprendimento, perchè il loro cervello non riesce a “lavorare” le informazioni e gli stimoli esterni come quello degli altri bambini.

Per fortuna questa non è una sentenza definitiva e, se presa in tempo, tale situazione può essere migliorata, se non quasi completamente recuperata; questo si verifica quando il bambino si trova finalmente in un ambiente familiare sicuro e amorevole, dove può contare su una routine quotidiana affidabile che gli garantisce protezione, cibo, igiene e tutte le necessarie cure fisiche. E fin qui non c’è niente di diverso dal normale lavoro di tutti i genitori, adottivi o naturali.

In realtà, per superare o migliorare i danni fisici e psico-emotivi della sofferenza sul bambino adottato, è necessario anche mettere in atto una solida routine emotiva. Molto bene, ma che cosa vuol dire? Ah, se solo qualcuno me lo avesse detto quando il nostro piccolo D.F. e’ arrivato da noi! Mi sarei risparmiata tante difficoltà e preoccupazioni…

A furia di tentativi ho messo insieme un piccolo vademecum e lo voglio condividere con voi.

La terapia delle coccole

Quando è arrivato da noi, il mio bambino non sapeva dare i baci. Quando gli davamo i bacini, ci leccava un po’ la faccia, ma non era capace di dare i baci con lo schiocco. Nessuno gli aveva insegnato a darli e riceverli e ad un anno e mezzo era in ritardo  di circa sei mesi sulla media dei bambini, praticamente un terzo della sua vita senza dare baci.

Ne ho parlato con mia mamma che si era resa conto anche lei della situazione. Qualche giorno dopo, si è seduta in poltrona col mio bambino in braccio e, armata di amore di nonna, si è messa d’impegno a baciarlo ripetutamente sulle sue guanciotte paffute e a mostrargli come muovere la bocca per dare i baci con lo schiocco. Ne ha fatto un gioco divertente con risate, gridolini e saltelli sulle sue ginocchia, finchè il mio piccolo ci è riuscito! Era contentissimo e non finiva più di dare baci a tutti! Aveva trovato un modo facile e veloce di scambiare amore.

In quel momento ho capito la grandissima potenza del bacio e dell’abbraccio e ho inserito una routine di coccole nella nostra vita quotidiana. Non aspetto di averne voglia o che il bambino venga da me a farsi coccolare, ma seguo un sistema di orari o meglio di momenti stabiliti che rispecchia le varie attività della nostra giornata come dormire, mangiare, stare insieme o separarsi (uscire di casa). Mi spiego meglio: sia io che mio marito passiamo un paio di minuti a scambiare coccole con il nostro bambino nei momenti salienti della giornata. Al risveglio, all’ora della nanna, prima e dopo i pasti, quando uno di noi entra o esce di casa e anche ad intervalli regolari di una o due ore durante le varie attività quotidiane. E’ un “esercizio” che ci permette di rinfrescare il legame affettivo più volte al giorno e che dà al bambino (e anche a noi) il conforto di amare e sentirsi amato. Inoltre, poiché non e’ fatto a caso, ma con intenzione, rende l’amore ancor più forte e reale.