Alla follia delle mamme severissime ed esigentissime in stile cinese, ben rappresentate da Amy Chua con il suo libro “Il ruggito della mamma tigre”, si contrappone ora un papà panda di nome Alan Paul, americano arrivato al seguito della moglie in Cina, dove si è preso cura dei tre figli, che all’epoca avevano 2, 4 e 7 anni. Giornalista freelance, ha vissuto con la famiglia 3 anni e mezzo a Pechino e ora è tornato a vivere in New Jersey.

Sul Wall Street Journal il giornalista ha dichiarato di nutrire “una forte avversione per l’educazione in stile Tigre”. E in un suo libro di recente pubblicazione, “Big in China“, ha rielaborato i blog e le rubriche che teneva mentre era a Pechino, raccontando la sua avventura di padre a tempo pieno.

La sua prospettiva sulla vita e sull’educazione è molto interessante: inutile è infatti secondo lui rincorrere la perfezione come la mamma tigre Amy Chua, poiché quello che conta è “crescere figli indipendenti, competenti, sicuri di sè“, capaci di navigare in mezzo al “caos controllato” che è la vita, di assumersi le proprie responsabilità, senza “aspettarsi che le cose risultino perfette”.

L’idea della vita come caos controllato mi è piaciuta molto, e mi sono – inutile dirlo – appassionata del papà panda Alan Paul. Il suo libro non avrà forse lo stesso successo di quello della mamma tigre, però i diritti cinematografici sono già stati acquistati, e  io spero vivamente che anche questo contribuisca a far prevalere, persino in Cina, la prospettiva del panda rispetto a quella della tigre.

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