Dopo il caso emblematico di Stefania Boleso – la  neomamma manager licenziata dalla sua azienda – denunciato sul Corriere della Sera, ho letto un rapporto di Manager Italia presentato su La Repubblica, dal quale che risulta che in Italia il lavoro e la maternità sono più inconciliabili rispetto a qualunque altro paese europeo. Niente di cui stupirsi, in effetti. Mentre nel resto dei paesi europei molte delle donne che lasciano il lavoro nel corso dei primi tre anni di vita dei figli ritrovano in seguito un’occupazione, in Italia il  numero delle donne che lavorano pur avendo dei figli continua a calare man mano che questi crescono.

Se il 27,1% delle donne occupate lascia il lavoro, non è solo per poter seguire meglio i figli, ma anche a causa della carenza di servizi sociali adeguati (prima tra tutti la scarsità di posti al nido): infatti, laddove questi servizi sono stati potenziati (in Emilia Romagna, per esempio), sono più alti sia il tasso di occupazione femminile, sia quello di natalità. Inoltre, come nel caso della neomamma manager incentivata affinché lasciasse il lavoro, le donne al rientro dalla maternità si ritrovano a essere vittime di mobbing, e quindi in qualche modo vengono costrette a licenziarsi.

Niente di cui stupirsi, come dicevo, ma molto, anzi troppo, per non arrabbiarsi Perché la situazione cambi deve cambiare tutta la nostra cultura, che attribuisce ancora alle sole madri il lavoro di cura e di assistenza (dei figli piccoli, in questo caso), e reputa la maternità un peso per le aziende.  Chi si occupa dei figli fatica ad ottenere orari e modalità di lavoro flessibili, per poterli conciliare con gli impegni famigliari. E mancano inoltre servizi adeguati affinché le neomamme possano rientrare al lavoro, mentre quelli esistenti spesso hanno prezzi inaccessibili per molti.

Eppure, è un dato di fatto, nelle aziende con un alto tasso di occupazione femminile si lavora meglio. E le donne che lavorano mettono al mondo più figli. Quindi, ogni azienda lungimirante dovrebbe incoraggiare e favorire l’occupazione delle donne e la maternità. Sarebbe auspicabile anche che il carico di lavoro famigliare e domestico venisse distribuito in maniera più equa tra madri e padri. E lo Stato dovrebbe infine favorire il rientro al lavoro delle neomamme, offrendo asili nido a tariffe più abbordabili, e incentivando servizi come quello di Tagesmutter o nidi in famiglia.

Voi cosa ne dite? Stiamo preparando il terreno perché almeno le nostre figlie abbiano vita più facile di noi nel conciliare lavoro e maternità, oppure non ci sono speranze neanche per loro?

Immagine: social.careforkids.com.au