Dove eravamo rimasti?
Ah, sì, al fatto di non aver avuto figlie femmine in numero tre, come profetizzato da mio nonno e paventato da mio padre, genitori di rissose, irascibili, carissime – in senso economico, intendo – figlie femmine portatrici di cromosomi a doppia X.

E ora invece sarebbe arrivato un maschietto, che bello! Un essere umano modello base, di poche parole e zero conflitti. Chissà come si sarebbe divertito mio marito.

Ma si sa come vanno queste cose: mai come te l’aspetti. Perché se agli inizi il marito si è coccolato questo ultimo figlio con una tenerezza e un trasporto che non gli avevo mai visto prima, se si è lasciato andare a dichiarazioni estreme del tipo “Non ricordo di essermi goduto tanto la paternità” e anche “pensare che al terzo giro temevo mi sarebbe passato l’entusiasmo”, poi i figli crescono, le mamme imbiancano, i padri invecchiano e gli equilibri vanno a farsi benedire.

Dalla tenerezza alla rivalità

Quando Davide si è trasformato da cucciolotto petaloso a ragazzino oppositivo è successo qualcosa che mi è difficile mettere a fuoco e che non saprei descrivere se non così: competizione. Non è la parola che cercavo, ma quella che più gli si avvicina.

Nella filigrana dei comportamenti e degli atteggiamenti del mio compagno avvertivo qualcosa che non avevo mai visto nei confronti delle figlie femmine, una corrente sotterranea di orgoglio verso il figlio ma anche – quasi – di rivalità, entrambi avvertibili a pelle. Non riesco a trovare le parole adeguate a spiegarla, però mi vengono in mente immagini piene zeppe di cliché in grado di rendere l’idea: il leone anziano che riconosce nel figlio colui che lo spodesterà e ciò nonostante non può fare a meno di amarlo; Kronos che prende il posto di Urano tagliandogli i testicoli e Giove che prende il posto di Kronos trascinandolo sotto l’abisso delle acque; il Figlio che deve uccidere il Padre – metaforicamente, si intende – per diventare adulto. Nelle loro lotte giocose avverto tutto questo, assieme a un senso di ineluttabilità. In ogni gesto di mio marito nei confronti del figlio c’è un messaggio che manca invece nei confronti delle ragazze: una comunicazione immediata che non ha bisogno di tante parole per esprimersi ma, anche, una conflittualità latente che si manifesta in mille, piccoli modi.

E guai se tento di fare da schermo alle loro lotte reali o verbali. “Smettila di proteggerlo o non crescerà, ne farai un deficiente” mi sgrida il mio compagno sprizzando testosterone da tutti i pori.
“Ti rendi conto che nei confronti di Davide hai l’aggressività che si riserva a un rivale?” replico in risposta.
“Non dire cazzate” risponde lui assestandogli una carezza che lo spinge lontano.