Marta è nata senza farmi male, è stato semplice metterla al mondo, semplice e surreale. Semplice perché il travaglio l’ho fatto in piedi, camminando e chiacchierando allegramente nel corridoio dell’ospedale; surreale perché nel corridoio dell’ospedale ci incontrai un mio ex fidanzato, padre da poco più di un giorno (e se non è surreale rompere le acque praticamente sui piedi di un ex fidanzato allora cosa lo è?).

Quasi la partorii in ascensore. Avete presente la canzone di Ambra AngioliniBatte forte il cuore, primo piano in ascensore…”? Ecco mai fu più calzante il verso “ma io spingo stop”. Alla fine è arrivata Marta, 4 chili di femminone, come disse Cesira, l’ostetrica ottuagenaria con i baffi che era di turno quel giorno. Penso sempre con affetto a Cesira e alla sua voce affinata negli anni a colpi di Nazionali senza filtro, soprattutto porto nel cuore questo nostro dialogo delirante.

Io sono in camera, con Marta (nata da due ore) in grembo, sdraiata sulle mie gambe, con la testa ad altezza ginocchia. Cesira entra al trotto, annunciata dal ciabattare dei suoi zoccoli.

Cesira: Come va?

Io: Molto bene, se non fosse per questa Patatona (e qui indico la bambina che tengo in grembo), non mi sembrerebbe nemmeno di aver partorito.

Cesira: Eh… sarà tutta rossa.

Io: No, le dirò che ha un bel colorito… nonostante il parto.

Cesira: E a gonfiore come va?

Io: Non direi gonfia, è bella paffuta, ma proprio una bella Patatona.

Cesira: E sarà contento suo marito.

Io: Ma sì siamo contenti tutti e due. E anche i nonni, felicissimi.

Lei mi guarda strana. Esce dalla stanza e io realizzo che non è mai il caso di usare il termine “patatona” con un’ostetrica: tu pensi a tua figlia, lei pensa a dove tua figlia è uscita. Ma ancora rido pensando che qualcuno possa ritenere plausibile l’aggettivo “paffuta” riferito a una vagina e che i nonni si possano rallegrare del suo buono stato di salute.

E voi? L’avete avuta la vostra Cesira?

 

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