Smettere di allattare: un argomento molto complesso che non riguarda solo il bambino, ma soprattutto la mamma. Sono molto diversi i motivi che fanno prendere questa decisione, l’importante è che sia sempre, il più possibile, una scelta consapevole e serena per entrambi.

Il momento giusto non esiste

Ogni mamma ha la sua storia in fatto di allattamento al seno: si tratta di un gesto così intimo e personale, che non si può fissare uno standard, tanto più che ogni medico, o quasi, ha una sua idea in merito.

È vero però che esistono dei dati medici oggettivi che possono aiutare la mamma a capire se vale la pena proseguire con l’allattamento e fino a che punto. Già, ma qual è il momento giusto per smettere di allattare? Non c’è una risposta sola. Bisogna incrociare tutte le esigenze del caso: quelle nutrizionali del bambino, prima di tutto, e quelle fisiche, psicologiche e lavorative della mamma.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di allattare per almeno 6 mesi (quando poi inizia lo svezzamento) e possibilmente fino a 2 anni, ma è vero anche che l’Oms deve tenere conto della media mondiale delle condizioni di vita, che non sono sempre quelle in cui lo svezzamento può essere fatto con alimenti sani e adeguati all’età del bambino, casi in cui è preferibile continuare ad allattare il piccolo per garantirgli una corretta nutrizione.

Gradualità: dopo i 6 mesi

Per i primi sei mesi circa il bambino beve solo latte; poi si comincia lo svezzamento e si riduce gradualmente il numero delle poppate: non si smette mai improvvisamente di dare latte al piccolo, così lui ha tempo di abituarsi a staccarsi dalla tetta, ma anche il vostro corpo ha modo di adeguarsi al nuovo e ridotto fabbisogno, producendo sempre meno latte.

Prima si sostituisce la poppata di pranzo con la pappa, poi anche quella della sera, finché verso la fine dello svezzamento restano solo la poppata mattutina, la colazione, e quella serale, la coccola della buonanotte, che, come potete leggere nel nostro post sul latte prima della nanna, può restare come abitudine anche per molto tempo.

Secondo le indicazioni del vostro pediatra, al momento opportuno toglierete anche la colazione, sostituendo la poppata mattutina con un biberon di latte, prima di transizione, poi vaccino.

L’ultimo baluardo: la poppata notturna

Dovete valutare voi: se cominciate a notare che, anche dopo l’introduzione della pappa serale, il piccolo continua a esigere la poppata notturna per fame, quindi si attacca al seno e ciuccia, proseguite nella faticaccia di allattare di notte, oppure provate a dargli da mangiare di più la sera, o ancora cercate di proporgli un biberon con camomilla o latte caldo (può essere utile tenersi a portata di mano sul comodino uno scaldabiberon d’emergenza).

Quando però vedete che si tratta solo di un vizio, quindi il bambino si continua a staccare dal seno, non mangia granché e, soprattutto, non si riaddormenta, forse dovete pensare che è giunto il momento di smettere anche con la poppata notturna.

La cosa può avvenire senza traumi per nessuno: smettete di dargli da mangiare di notte, il piccolo piangiucchia, ma dopo poco si riaddormenta, magicamente. Oppure il bambino può ribellarsi ed esigere il suo “vizio”: se ve la sentite, lo lasciate piangere, finché non smette, coccolandolo di tanto, in tanto, per fargli sentire la vostra presenza, ma senza dargli il seno (è il metodo «Fate la nanna», in sostanza).

È importante che voi siate sicure, che pensiate che in quel momento non state togliendo nulla al piccolo, e soprattutto visualizzate l’obiettivo: tornare a dormire una notte intera.

Fermezza e dolcezza

Indipendentemente dal momento in cui decidete di smettere di allattare, deve essere chiara una sola cosa: una volta che avete preso questa decisione, mantenete il vostro proposito, altrimenti rischierete di creare grossa confusione nel vostro bambino, che ne approfitterà a man bassa (sono furbi i piccoli!).

Questo non significa affatto trattarlo male, ma cercare di condurre il gioco, esattamente come quando cercate di educarlo a comportarsi bene e non male: il bambino deve capire che mamma sta facendo una cosa naturale, e che per lui a livello affettivo non cambia nulla, anzi, perché più passa il tempo, e più ci si innamora dei propri figli.

E ricordate che più andate avanti, superando i fatidici 12 mesi, più sarà difficile togliere il seno: il bambino cresce e sempre di più sa cosa vuole e sa far valere le sue ragioni.

Cosa succede alla mamma?

Da un punto di vista fisico

Proprio perché normalmente il numero delle poppate viene ridotto in modo graduale, come dicevamo prima, con il progredire dello svezzamento, anche il nostro corpo dovrebbe altrettanto gradualmente diminuire la produzione di latte.

Tuttavia non è sempre così, e qualcuna deve ricorrere alle famose pastiglie per far andare via il latte, le stesse che si assumono quando non si vuole allattare immediatamente dopo il parto. È importante farsi consigliare da un medico a questo proposito, perché ricordate sempre che un ristagno di latte nel seno può provocare infezioni, mastiti, con febbre e dolore molto forte.

Da un punto di vista psicologico

È questo il tasto dolente: spesso il primo ostacolo nell’interruzione dell’allattamento al seno è la mamma, con i suoi eterni sensi di colpa. Perché, a volte, pensiamo che smettendo di allattare togliamo qualcosa a nostro figlio. O agiamo come se in fondo, in fondo non volessimo smettere mai, perché allattare è impegnativo, ma è anche molto bello, perché ci regala un momento magico con il nostro piccolino.

Ma smettere di allattare è necessario, fa parte del percorso di emancipazione del bambino dalla mamma: prima o poi tutti i bambini mangeranno da soli e mangeranno alimenti solidi, e non avranno più il pannolino. Tutte lo sappiamo, ma quando i bambini sono ancora piccoli, sembra impossibile che quel percorso di crescita debba già iniziare e tendiamo inconsciamente a prolungare il momento in cui loro si staccheranno da noi, sempre di più.

Fonte immagine: donna.tuttogratis.it