Alcuni temi come la morte, il sesso e la guerra fanno parte della categoria “domande difficili”. Ecco come genitori, insegnanti, adulti, possono affrontare la sfida di parlare e ascoltare i bambini.

Spesso in famiglia si ha l’abitudine di guardare il TG davanti ai bambini. Succede che vengano trasmesse immagini vere ma crude, di morte o di guerra, e i bambini sono lì: una, due, tre volte. Restano colpiti, sempre, e qualche volta fanno domande.

Quello che non immaginiamo è che alcune immagini televisive possono essere molto traumatizzanti.

Personalmente non mi trovo molto d’accordo con la scelta di guardare le notizie davanti ai bambini (anche quando non si tratta di guerra) ma se accade è giusto essere preparati a proteggere i nostri figli da tutti gli aspetti della violenza. Ecco perché è meglio prepararsi sulle risposte.

Partiamo dal presupposto che la domanda è di per sé una buona cosa: permette al bambino di relazionarsi all’adulto e lo aiuta a “digerire” quei concetti per lui complessi che altrimenti resterebbero solo incompresi.

I bambini capiscono

Il primo errore da evitare è quello di pensare che se stanno giocando non lontano dalla TV non stanno ascoltando: loro sono lì, guardano, ascoltano e si fanno un’idea sulle cose.

Di solito il modo migliore di rispondere ad una domanda difficile è trovare un’analogia con un’esperienza di vita del bambino.

Prima degli 8 anni la maggior parte dei piccoli fatica a capire l’idea della morte, è per loro un concetto troppo astratto e difficile. Così è per la violenza per ragione politiche o religiose. E’ bene quindi usare sempre parole molto semplici, adatte alla loro esperienza.

Quello che arriva ai più piccoli è certamente l’idea del dolore e della perdita. Possiamo spiegare che il “litigio” tra alcune persone può causare molta sofferenza, raccontando che la guerra può separare le famiglie, far perdere loro la casa o le cose di loro proprietà.

Mai mentire

Se ciò è vero sempre, ancora di più lo è quando ci fanno una domanda. I bambini sanno quando noi stiamo dicendo una cosa non vera, ma lo accettano per fiducia nei nostri confronti.

Mai dire “non è niente, continua a giocare”.
Questo comportamento porta semplicemente il bambino a seppellire una domanda senza risposta , creandosi idee o fantasie sbagliate o spingendolo a parlarne con i coetanei. La nostra risposta è sempre la migliore, per questo è importante che il bambino si fidi del fatto di poter chiedere ai suoi genitori.

Parlare o aspettare la domanda?

Vale ciò che si dice per tutti gli argomenti più “difficili”, di solito è meglio aspettare che siano loro a chiedere, ma dipende dall’età e dal carattere del bambino.

Di certo è importante che nel nostro discorso ci siano molte “pause”. Ciò di cui i nostri figli hanno bisogno è di tempo per assimilare.
Aspettiamo che le nostre parole facciano sorgere delle domande. Se lui è troppo distratto o silenzioso, chiediamogli -senza insistenza- che ne pensa, in modo che il pensiero prenda forma e le emozioni emergano.

Se sono più grandi?

Il discorso non è molto diverso, ma va certamente adeguato all’età.
Le immagini violente (se reali sono più vivide) possono suscitare timori profondi. Non lasciamoli soli davanti alle immagini e guardiamo il TG con loro.
Rassicuriamoli: anche se sembrano “grandi”, hanno bisogno di sapere che sono al sicuro.

“Mamma, perché esiste la guerra?”

A volte i bambini ci spiazzano dicendo che non ha senso che a loro chiediamo di non litigare e poi gli adulti fanno la guerra.

Non credo ci sia altra risposta che questa: la guerra è una cosa terribile che non andrebbe mai fatta e che non finisce mai bene, ma a volte i grandi non trovano altra soluzione per proteggerci da cose più brutte, per questo dobbiamo sperare che duri il meno possibile.

In poche parole

  • evita di guardare le immagini di guerra davanti ai bambini (soprattutto per chi sta attraversano un momento difficile come la separazione dei genitori, un lutto vicino o un cambiamento importante)
  • non pensare mai che siano distratti, e non tirtarti indietro davanti alle domande
  • rispondi con parole semplici e con esempi che fanno parte dell’esperienza di tuo figlio
  • ascolta più che spiegare: servirà a conoscere ciò che realmente preoccupa il tuo bambino
  • prova a dare un contenimento alle sue emozioni: non vuole “conoscere” ma essere tranquillizzato. Da te.