Sybille Kramer è un’artista altoatesina con un mondo tutto speciale: colorato, fatto di immagini, carta da pacco, pastelli, etica, politica, educazione, il tutto mescolato con verve comunicativa e volontà di condivisione. L’ho conosciuta in rete approfondendo il tema dell’homeschooling, esperienza che lei ha vissuto per cinque anni con i suoi due figli che oggi frequentano le scuole superiori e che Sybille ha condiviso in rete in modo dettagliato nel corso degli anni, fornendo materiali e spunti di riflessione sia per genitori attenti che a insegnanti alla ricerca di approcci creativi alla didattica. In questo modo Sybille è diventata una blogger nota e vero punto di riferimento, tanto da essere invitata quest’anno al 2° Incontro Nazionale sull’Educazione Parentale che si è tenuto lo scorso giugno a Rimini. Oggi Sybille continua ad offrire sostegno per l’educazione individuale e si dedica alla sua attività di artista e illustratrice, sia in Italia che in Austria. La sua ultima invenzione è il flexagono, un piccolo progetto di cartotecnica che mescola le sue illustrazioni agli haiku di Silvia Geroldi. Quale persona migliore per approfondire il tema dell’homeschooling?

Sybille, perché credi che l’homeschooling sia una alternativa preferibile alla scuola tradizionale?

Credo possa essere ritenuta preferibile nel caso non si voglia delegare il compito di istruire ed educare all’istituzione scolastica. In fondo é una scelta come fare il pane in casa o andare a comprarlo. Il punto é che purtroppo non sempre si trova il pane di buona qualità da comprare e allora ci si vede quasi costretti a farselo in casa (se la qualità del pane rientra fra le proprie priorità). Ma esistono anche persone con la passione di fare il pane in casa a prescindere da quello che si può acquistare, ed é bello che ne abbiano la possibilità!

Penso che se la scuola fosse un luogo in grado di mettere al centro l’individuo con le sue capacità e i suoi talenti, accogliente, rispettoso dei ritmi dei singoli; se fosse un luogo dove i bambini non vengono giudicati o valutati ma possono liberamente esplorare, sviluppare i propri interessi e imparare secondo i propri tempi e inclinazioni… ecco, se la scuola e l’istruzione in generale fossero strutturati in modo diverso, penso proprio che si potrebbe discutere in un’altra maniera su questo argomento.

Molti bambini non vanno a scuola perché lo trovano un posto invitante e hanno scelto di frequentarlo, ma perché devono. Fin da piccoli imparano che studiare è un obbligo, non un piacere. Imparano che ci si impegna per ottenere dei voti buoni e per evitare problemi, non per essere soddisfatti di se stessi. Imparano a confrontarsi ed essere confrontati senza sosta con i loro coetanei perché di solito in una classe – in modo assolutamente innaturale – si trovano esclusivamente bambini della stessa età. Questo fa si che si perdano la capacità di confrontarsi con se stessi e con le proprie aspettative, i propri obiettivi. Si impara che le cose vanno fatte come dice l’insegnante o il libro di testo, perdendo un po’ alla volta la capacità di trovare delle proprie soluzioni o metodi e di saper pensare fuori dagli schemi in modo creativo e innovativo. Ecco, questi ed altri sono i fatti che dovrebbero farci riflettere, come genitori e anche come società, sulla direzione nella quale stiamo andando: si sta uccidendo una parte del bambino e dell’infanzia che io chiamo “sacra” – la curiosità innata, la capacità di seguire il proprio ritmo, di sentire di cosa si ha bisogno in quel momento per il proprio sviluppo.

A questo punto l’homeschooling può senz’altro essere l’alternativa, ma vorrei sottolineare che, così come la scuola non é tutte le scuole, ogni famiglia che fa homeschooling é diversa dall’altra. L’homeschooling è un’occasione per una migliore qualità di apprendimento, di vita familiare, ma non significa in automatico che lo debba essere per forza. Sicuramente l’homeschooling offre molte più possibilità anche dal punto di vista organizzativo: si possono seguire i bambini singolarmente puntando sulle loro capacità e interessi, si esce dal modello dello “studiare secondo un orario delle materie fisse”, si possono gestire le giornate in modo libero, interessante e multidisciplinare. Insomma: si può godere di molte più occasioni e metodi di apprendimento escludendo nello stesso momento tutti i fattori che possono creare stress e bloccare l’apprendimento come, ad esempio, il ritmo dato dalla classe o dal programma, il continuo confronto con gli altri, la restrizione del tempo libero, la presentazione di temi per i quali il bambino non è ancora pronto.

Ritieni sia un percorso adatto a tutti i genitori?

Lo ritengo adatto a tutti i genitori e ai bambini che vogliono scegliere questa opzione – sottolineo anche “bambini” perché secondo me sono sempre da coinvolgere in questa decisione. Infatti conosco famiglie di homeschoolers dove uno dei figli ha voluto, per un anno o di più, provare a frequentare la scuola. Scegliere homeschooling non deve essere per forza una scelta “per sempre”: noi per esempio abbiamo deciso da anno in anno, tutti insieme, se continuare con questo percorso (non che ci fosse mai stato qualche dubbio a dire il vero). E dunque una famiglia può anche decidere semplicemente di “provare” per vedere se é un’opzione che fa per lei.

Ovviamente l’homeschooling non é sempre facile, soprattutto se entrambi i genitori lavorano fuori casa a orari fissi e a tempo pieno. In tal caso diventa difficile ma non impossibile: ho conosciuto famiglie per le quali la scelta di fare homeschooling era così importante da portarli a modificare stile di vita, trasferirsi in un altro posto e cambiare lavoro. Addirittura diverse famiglie in paesi dove l’homeschooling é vietato per legge, come la Germania, sono pronte ad emigrare. Ricevo abbastanza spesso richieste proprio da famiglie della Germania che si informano su questo. Diverse mamme homeschooler che conosco lavorano da casa (facendo traduzioni, badando ad altri bambini, lavorando nella propria fattoria o altro) e in qualche modo si organizzano con il marito e/o i nonni e anche con altre famiglie di homeschoolers. Un’altra amica invece, che vive negli Stati Uniti, come suo marito insegna all’università ma riesce a fare homeschooling con i cinque figli: é veramente molto questione di organizzazione e volontà di tutta la famiglia, ma soprattutto é uno stile di vita che mette al centro la famiglia. Quando dunque parliamo di homeschooling parliamo di molto altro, non “solo” di istruzione.

Sul fatto invece che alcuni genitori pensano “Non sarei mai capace di insegnare a leggere a mio figlio” rispondo che non é tanto questione di “tecniche di insegnamento” ma di piacere di passare il tempo insieme ai propri bambini, avendo fiducia nell’apprendimento naturale: l’essere umano é per natura curioso di imparare a fare quello che vede fare gli altri, non é un vaso vuoto in attesa di essere riempito con un mucchio di cose. In un ambiente sereno e accogliente e potendo seguire i propri ritmi, apprendere diventa appunto una cosa naturalissima. Per fare un semplice esempio – in una casa piena di libri é impossibile non imparare a leggere.

Per quale motivo una famiglia decide di assumersi la responsabilità dell’educazione scolastica di un figlio?

I motivi possono essere davvero tantissimi. C’é chi ha forse già fatto esperienze negative a scuola e sceglie questa via d’uscita. C’é chi non ha sufficiente scelta dal punto di vista pedagogico/didattico a disposizione, per esempio a chi sta a cuore la pedagogia montessoriana e non trova una scuola di questo tipo per iscrivere il bambino, può decidere di fare da sé.

Un altro motivo può essere la salute: ho conosciuto dei casi di bambini che mancavano spessissimo a scuola per motivi di salute, ad esempio per malattie croniche, e visto il rischio di perdere l’anno la famiglia ha optato per l’istruzione parentale almeno fino alla terza media.

Ho notato inoltre che esiste anche il rifiuto dei ragazzi stessi ad andare a scuola: questo succede soprattutto ad adolescenti che magari hanno accumulato diverse esperienze negative durante tutti gli anni di scuola, e a 15-16 anni si ribellano decidendo di non voler più far andare a scuola. In questa età un po’ critica uno o due anni a casa, per seguire i propri interessi, ma anche per avere un bel po’ di tempo a disposizione per “respirare” e riflettere come si vuole gestire la propria vita e il futuro, possono avere degli effetti veramente terapeutici.

Un altro caso può essere quello di bambini plusdotati che a scuola non vengono seguiti abbastanza ma avrebbero proprio bisogno di essere sostenuti nella loro peculiarità. La stessa cosa vale per bambini con disturbi di apprendimento o altri problemi, che invece studiando e apprendendo in famiglia e con i loro ritmi invece che in una classe di 30 bambini e con orari poco flessibili, riescono ad affrontare meglio e superare le loro difficoltà.

Poi ci sono famiglie come la nostra che ad un certo punto si dicono: ma sì, proviamo per un anno, poi decidiamo come proseguire. Il nostro é stato un percorso di esperienza prima con la scuola elementare del paese, poi con una scuoletta autogestita in stile montessoriano che però ha dovuto chiudere dopo alcuni anni per problemi economici. Sono stati i nostri figli stessi a proporre a quel punto di “provare di fare scuola a casa”.

Altre famiglie invece decidono fin da principio di intraprendere questo percorso, qui diventa proprio un fatto culturale, di visione della famiglia e della vita familiare giorno per giorno. Poi negli anni ho conosciuto diverse insegnanti che, al momento di decidere per i propri figli, scelgono l’homeschooling. Anzi in molti casi le mamme-homeschoolers che personalmente conosco sono proprio ex insegnanti o educatrici; ora ognuno può dedurre da questo fatto quello che vuole.

Infine ci sono famiglie che vivono in posti svantaggiati per quanto riguarda la scuola: per esempio in alta montagna, dove per raggiungere la scuola dovrebbero fare tutti i giorni 20-30 km o di più, e dove almeno per i primi anni di scuola per motivi di qualità di vita scelgono questa possibilità. In fondo comunque ci sono tanti motivi per questa scelta come le famiglie che fanno homeschooling, qui ho raccontato solo quelli che mi sono venuti in mente spontaneamente.

Ritieni che la mancanza di interazione con gli altri studenti e gli insegnanti possa privare o meno un bambino dell’esperienza del gruppo-classe?

Qui non é possibile dare una risposta chiara, perché dipende tutto dalla situazione concreta. Se la famiglia e i bambini sono inseriti bene nel proprio paese o quartiere, frequentano associazioni o corsi, fanno sport ecc., allora il “problema della socializzazione” non é dato. Anzi, si tratta di bambini privilegiati perché hanno modo di passare il tempo con bambini di diverse età e naturalmente anche con adulti, e non sono costretti a passare la maggior parte della giornata chiusi in una classe con esclusivamente coetanei.

A proposito di “insegnanti” gli homeschoolers di solito hanno molte più possibilità di interagire con adulti che per loro sono tutti “insegnanti”: dal giardiniere che ti spiega perché quel tipo di pianta ha bisogno di quel tipo di concime, dall’impiegato alla posta che conoscendo la tua passione ti mette da parte i francobolli particolari, dalla vecchietta che incontri tutte le mattine quando vai a comprare il pane e che ti spiega che oggi verrà da piovere per via delle forme delle nuvole, dalla simpatica signora della biblioteca che é sempre felice di vederti perché di mattina in biblioteca non ci sono mai bambini, e così ha tempo da dedicarti per consigliarti i libri sull’argomento che stai seguendo, alla guardia forestale che ti accompagna nel bosco per spiegarti gli alberi… È proprio questo “apprendere in libertà e con naturalezza” giorno per giorno (che per chi frequenta la scuola é una cosa possibile solo durante i giorni di vacanza) che é uno dei punti forti dell’homeschooling. Ovviamente, se una famiglia decide di chiudersi in casa, stare sui libri di scuola e non uscire mai, la questione cambia, ma sinceramente di famiglie così non ne ho mai incontrate.

La fortuna più grande ce l’hanno le famiglie che vivono in un contesto sociale dove esistono anche altre famiglie di homeschoolers: loro possono incontrarsi regolarmente, aiutarsi nella gestione organizzativa delle giornate, proporre delle lezioni a gruppo, fare teatro e laboratori, andare insieme a visitare musei, fare delle escursioni e gite. Detto questo, vorrei però anche sottolineare che i bambini che sono cresciuti in un contesto più piccolo (citando ancora per esempio i bambini che vivono in realtà piccole come paesini o frazioni in alta montagna, dove si scende a valle magari solo per la messa di domenica) al momento di inserirsi in un ambito scolastico tradizionale non hanno incontrato delle grosse difficoltà per quanto io ne sia a conoscenza: Questo perché noi tutti abbiamo una grande capacità di adattamento, e in questa possiamo davvero avere fiducia.

Sybille, cosa possono fare le famiglie quando sospettando un problema di apprendimento?

Ho seguito in passato qualche famiglia di homeschoolers americani con bambini con difficoltà di apprendimento, che in pratica hanno fatto cosí: si sono informati a 360 gradi sui modi di sostegno possibili e hanno cercato di applicare i consigli, di utilizzare materiale didattico extra ecc., anche con l’aiuto ed il consiglio di specialisti. In Italia conosco in specifico una famiglia con una bambina che ha un problema di apprendimento diagnosticato, che con l’homeschooling sta avendo dei bei risultati e ne parla anche sul suo blog qui e qui.

Ovviamente é consigliabile, nel caso che si sospetti un problema di apprendimento,farlo per prima cosa diagnosticare per averne la certezza. Dunque la certezza prima di tutto, poi l’informazione, in caso di homeschooling ad esempio io contatterei subito altre famiglie che hanno vissuto o stanno vivendo la stessa esperienza perché nulla puó essere piú utile di chi ci é giá passato, anche se ovviamente poi ogni storia é unica – ma per ascoltare consigli, farsi dare dei nomi di specialisti, titoli di libri utili, strumenti didattici particolari ecc… Proprio per dubbi e domande come in questi casi in Italia fortunatamente esiste la rete di Educazione Parentale dove potersi scambiare esperienze dirette nel forum:

Ecco se potessi ancora aggiungere una cosa alla mia intervista sarebbe quella di ringraziare pubblicamente Erika Di Martino che da anni si sta impegnando nel creare questa rete di scambio, di incontri, di sostegno, per homeschoolers e anche per quelli che sono indecisi e vogliono informarsi, oppure sono “simpatizzanti” dell’idea ma per vari motivi non possono farlo con i loro figli, ma desiderano magari applicare diverse idee e metodi almeno a casa, nel tempo libero, durante le vacanze… Grazie al suo lavoro (lei ha creato questa piattaforma) e alla sua esperienza, molte famiglie hanno trovato sostegno, incoraggiamento e soprattutto consigli pratici, hanno creato dei gruppi nelle varie province e si danno una mano in caso di necessità. Quest’anno ha anche pubblicato un libro, Homeschooling. L’educazione parentale in Italia.Ci sono anche due breve interviste dei miei figli che il percorso di homeschooling l’hanno terminato ormai da 2 e 5 anni).