Francia, agosto 2007: la scrittrice e psicoanalista francese, Corinne Maier scrive un libro contenente 40 buone ragioni per non mettere al mondo dei figli, argomentandole.
Venti di queste ragioni le trovate in questo articolo.

Il mio invito è di leggere in prima persona l’articolo sopra citato, per una ragione molto semplice: le motivazioni addotte dall’autrice, e da tutti coloro che si definiscono childfree, possono essere ritenute valide, ed indubbiamente soggettive.

Quel che intendo è che ciascuno di noi, che sia genitore o meno, può riconoscere come veritiere quasi tutte le ragioni sopra elencate.

Fare un figlio, anche se nessuno lo descrive in questo modo, è un evento critico: uno di quei momenti topici, nella vita di un individuo e di una coppia, che determina la possibilità del cambiamento.

“Il cambiamento porta inevitabilmente con sé una certa dose di incertezza e deve essere considerato un evento stressante. Con evento stressante ci si riferisce a “qualsiasi evento perturbante in grado di provocare un  cambiamento nel sistema familiare” (Scabini, 1995).

Che si parli di genitorialità o di altro, il cambiamento può avere gli esiti più diversi, che dipendono da tanti fattori e dal modo in cui ciascuno di noi lo attraversa.

Se, fino a questo momento, avete seguito su BlogMamma il percorso attraverso cui ho narrato la genitorialità, non vi sarà difficile comprendere cosa intendo quando dico che fare un figlio riguarda la grande, importante apertura alla trasformazione di se stessi.

Trasformazione che non è mai indolore, o priva di difficoltà: è questa la ragione per cui molte persone scelgono liberamente di non attraversarla mai.

In questa sede non stiamo valutando se la scelta di non attraversare il compito genitoriale sia legittima o meno: certamente lo è, ed in certi casi è più prudente essere consapevole dei propri limiti, piuttosto che mettere al mondo dei figli irresponsabilmente. E’ sano per se stessi, è responsabile verso la vita che deve ancora cominciare.

La psicologia, tuttavia, descrive tre fasi che caratterizzano l’attraversamento di un evento critico:

1) una fase di destabilizzazione e disorientamento

2) un periodo di ri-aggiustamento

3) una fase di adattamento creativo e di raggiungimento di una nuova organizzazione.

Questo ci suggerisce che i criteri “facile/difficile“, “semplice/complesso“, non sono, generalmente, quelli attraverso cui si sceglie di avere un figlio. Nessuna persona crede davvero fino in fondo che fare un figlio sia una passeggiata.

A riprova di ciò, molte ansie e paure, in misura diversa, accompagnano sia la fase della scelta che quella dell’attesa, la gravidanza.

Un figlio si sceglie a prescindere dalle difficoltà che comportano metterlo al mondo e crescerlo: non soltanto prima di concepirlo, ma anche dopo la sua nascita e durante la crescita. E crescere un figlio, quando è un impegno che davvero ci si assume in prima persona, non è mai privo di difficoltà.

Resta valido, tuttavia, il diritto inalienabile alla scelta che ciascuno di noi ha, pur senza la necessità di affiliarsi in movimenti e organizzazioni che possano validare le proprie posizioni, contenere l’ansia ed il giudizio sociale, e affermare la propria identità.

dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

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