Mamme e bambini alla prima esperienza lo sanno: i primi giorni di scuola sono faticosi e stressanti. Tante mamme non sanno come reagire al pianto del bambino, e si disperano a loro volta.

Chi è già navigato lo sa: è un’esperienza transitoria, poi passa. Ma è anche una tappa necessaria che va affrontata senza superficialità, perché non sia un trauma che si paga nel lungo periodo.

Che il bimbo abbia due anni o cinque non importa: la prima volta fuori casa è sempre impegnativa. Cosa è necessario?

Che la mamma faccia capire al bimbo che la scuola è un bel posto, non una punizione, e che il distacco è momentaneo e il ricongiungimento bello e vicino.

Questi due concetti si costruiscono in un modo ben preciso.
La separazione si gestisce in modo graduale, abituando il bambino a piccole assenze progressive della mamma, in un arco di tempo che dura circa 15 giorni.

La bellezza della scuola si trasmette con un atteggiamento di entusiasmo e di fiducia che il genitore deve autenticamente sentire nei confronti della struttura.

Senza queste premesse, allontanare il pianto del bambino sarà più difficile e complesso. E come consolare le mamme che si fermano davanti alla scuola con il cuore stretto e dolente?

Va detto che il pianto è l’unico mezzo che il bimbo ha per sfogare la propria frustrazione: non possiamo pretendere, anche se in alcuni casi avviene, che il bimbo ci saluti a cuor leggero, ma esprimerà il suo disappunto verso qualcosa di nuovo e difficile.

Il fatto che non pianga, d’altro canto, non sempre significa che il bimbo sia sereno, ma che talvolta sia semplicemente “rassegnato“: è importante al contrario che lui possa esprimere la sua rabbia e i sentimenti negativi, piuttosto che tenerseli dentro.

L’entusiasmo della mamma verso la scuola è qualcosa di tangibile: nel suo sorriso, nell’espressione del suo viso, nella stretta del bimbo tra le sue braccia. Se non siete convinte, lavorate innanzitutto su voi stesse, e sull’ansia che la separazione genera in voi.

Evitate di fare commenti su di lui davanti all’insegnante, e di ridurre tutto al “sei stato bravo” o “non sei stato bravo”: ogni bambino ha i suoi tempi, e deve passare il messaggio che nel piangere non c’è niente di male, tranquillizzando invece che sgridando.

Infine, come suggerisco sempre, parlate: a volte crediamo che i bimbi siano troppo piccoli, ed invece sono perfettamente in grado di capire alcune cose. Possiamo dire loro che anche a noi dispiace lasciarli a scuola, ma che è necessario che i genitori vadano a lavoro ed i bimbi a scuola per giocare; possiamo raccontare di quando anche noi eravamo piccoli ed andavamo a scuola; e così via.

Tutti questi accorgimenti agevoleranno un cammino non di certo semplice, ma anche intenso ed interessante, che ricorderemo con tenerezza negli anni a venire.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: mammeimperfette.com