«Ho adottato a distanza tre bambini. La prima volta non so bene perché l’ho fatto, poi ho capito: volevo che anche loro avessero un futuro, come mio figlio. Quando li penso mi commuovo». Annalisa Quaranta racconta la sua esperienza di tre volte mamma a distanza con ActionAid, un gesto d’amore che non nasce a tavolino.

Quella che state per leggere è una piccola intervista ad Annalisa Quaranta, una mamma come tante di voi che ci seguono, che ha accettato di raccontare apertamente la sua esperienza di adozione a distanza con ActionAid, dopo le testimonianze dal vivo di Sara ed Emiliano, con il loro intenso report di viaggio del Brasile, ma anche di Paola, un’altra mamma a distanza ad aver visitato il Brasile non turistico.

La cosa che mi ha colpito di più è stata la spontaneità con cui Annalisa parla della sua esperienza, come se fosse normale prendersi in carico tre creature che non conosci, che non hai mai visto e che potresti anche fare a meno di considerare.

E invece ti fermi, ci pensi, pensi che non è giusto lasciare che alcune vite scorrano nell’indifferenza senza fare qualcosa per cambiarle. Ho cercato di capire perché l’ha fatto, ma poi mi sono detta: è come chiedere a qualcuno perché ama. L’amore non ha bisogno di spiegazioni. L’amore è un paracadute: è fatto per lanciarsi senza pensarci troppo. E l’amore di una mamma può cambiare il mondo.

Ciao Annalisa, vuoi raccontarci com’è nata la tua esperienza con ActionAid? Cosa ti piace di più del loro modo di lavorare?

«Sono sostenitrice di ActionAid da 11 anni. I bimbi adottati sono stati tre, ma alcuni nel corso di questi anni sono cambiati per vari motivi: o perché la loro famiglia si era trasferita in un’altra comunità dove non erano presenti progetti di ActionAid, o perché ActionAid rilevava non opportuno il prosieguo della relazione con le comunità locali.

In realtà quello che più amo sottolineare non è l’adozione in sé, quanto i progetti che con il mio piccolo contributo ho potuto sostenere. In particolare in paesi quali India, Nigeria, Malawi. La cosa che apprezzo è, sopra ogni cosa, l’impegno di ActionAid nel supportare le persone affinché diventino autonome e utili per la comunità in cui vivono.

È per questo che sono molto contenta quando ricevo informazioni sui “miei” bambini, ma ancor di più quando ricevo belle notizie relativamente ai progetti, perché capisco che intorno a loro si sta costruendo una comunità che potrà farli crescere bene».

Cosa ti ha spinto ad adottare un bambino a distanza?

«Sinceramente non ricordo la motivazione che mi ha indotto ad adottare un bimbo a distanza la prima volta, forse l’ho fatto perché mi piaceva l’idea e perché amo i bambini, la seconda e la terza volta l’ho fatto con la coscienza di poter aiutare qualcuno in modo certo ed efficace, perché i progetti che segue ActionAid mi piacciono molto e con la prima adozione avevo già potuto vederne i primi risultati».

Perché hai scelto proprio ActionAid per l’adozione a distanza? Come sei venuta a sapere di questa possibilità?

«Ho scelto ActionAid la prima volta per caso, vedendo una dem pubblicitaria su Internet, poi invece, come detto, nella seconda e terza adozione ero assolutamente cosciente e certa di dove andavo a mettere il mio piccolo contributo».

Come ti trovi con ActionAid? Le informazioni che avevi ricevuto prima di iniziare erano sufficienti?

«Mi trovo bene altrimenti non avrei proseguito il sostegno per tutti questi anni, allargando il contributo. Prima di iniziare a dir la verità non avevo raccolto molte informazioni, quindi è stata una scelta di pancia e non di testa».

La vita dei “tuoi” bambini come interagisce con la vita della vostra famiglia? Ne hai parlato con tuo figlio?

«Ho un figlio che ha appena compiuto 3 anni, ogni tanto gli parlo dei “fratellini” lontani perché in casa ci sono le loro foto, ma non so quanto lui ad oggi abbia colto questa relazione, non è facile da spiegare».

Questa esperienza ha influito sul tuo essere mamma e donna?

«Diventando mamma ho compreso la difficoltà a più livelli di essere mamma in una società “avanzata” come la nostra, quindi non oso immaginare come può essere nei paesi dove le donne non hanno neppure diritti solo per il fatto di essere donne. Nel mio paese, nel mio piccolo, cerco di aiutare le mamme in questo difficile ruolo, cerco di comprendere e supportare la loro genitorialità, la loro stima di sé, la loro sicurezza, la fiducia nel loro istinto. Negli altri paesi lascio ad ActionAid questo difficilissimo compito. Le donne nelle comunità oggetto dei progetti vengono informate da ActionAid nella presa di coscienza dei loro diritti e sostenute concretamente nell’avviare attività lavorative. Da donna prima e da mamma dopo non posso che esserne contenta».

Vorresti andare a trovare i tuoi bambini adottati a distanza?

«Non sono mai andata, mi piacerebbe, sì, ma non so se lo farò mai. So che il mio contributo è importante per questi bambini, ma ancor di più per la comunità in cui vivono e in cui desidero che restino per coltivare le loro origini. Idealmente mi piacerebbe conoscerli, ma razionalmente non so. Se ActionAid me ne offrisse la possibilità forse lo farei.

Penso che se avessi la possibilità di vederli, di conoscere le loro famiglie sarebbe un’esperienza emozionantissima, ma sono già contenta così, di sapere che per loro c’è chi se ne occupa, con il sostegno delle comunità locali. ActionAid non impegna persone estranee, dall’Italia o da altri paesi occidentali, si appoggia alle realtà presenti sul territorio, che ben conoscono la quotidianità e per questo propongo progetti aderenti ai bisogni delle comunità. Io sono certa che i “miei” 3 bambini vivono in contesti “protetti” dall’attenzione, dalla cura, dalla volontà di rendere le loro vite migliori».

Cosa ti ha colpisce dalle lettere che hai ricevuto dai bambini?

«Delle lettere dei bambini mi colpiscono sempre i loro disegni, attraverso questi vedo la loro crescita e comprendo anche la loro quotidianità. Il disegno per i bambini è un canale di comunicazione potentissimo».

Consiglieresti l’adozione a distanza? Cosa significa per te?

«Certo che la consiglierei, se fatta per progetti importanti con organizzazioni serie. A me fa pensare di essere utile non tanto per la sussistenza delle persone, ma per la loro realizzazione, nella loro comunità di origine, con le loro famiglie e amicizie. Dare 50 euro ad una persona, anche per strada, è un gesto che basta poco per compiere, ma penso che non sia di grosso aiuto nel lungo periodo per quella persona».

Quando pensi ai tuoi bambini “lontani”, cosa provi? Cosa vorresti per loro?

«Quando penso a loro mi commuovo sempre, perché sono bambini e per loro vorrei le stesse cose che desidero per mio figlio: che abbiano la possibilità di realizzarsi come persone, con tutto il diritto di vivere appieno la loro vita».

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