Si può essere dipendenti dal mondo virtuale. La promessa dei social network, quella di mantenerci in contatto con le persone, può trasformarsi in uno “scollegamento” dal nostro sé interiore o dalla realtà fisica.

Avete mai controllato i messaggi nel bel mezzo di una cena con amici?
Vi capita di leggere Twitter o Facebook, mentre fate colazione?
Siete mai stati presi “dal panico” perché avete dimenticato il cellulare a casa mentre fate una breve passeggiata?
Vi è mai capitato, in vacanza, di passare più tempo a pubblicare le vostre foto o a guardare gli aggiornamenti degli altri, piuttosto che rilassarvi?

Si è tanto parlato dei pericoli della rete per i giovanissimi: il mirino è puntato sui nativi digitali, sull’uso che faranno (o fanno) della tecnologia e dei social, e su cmd questo influirà sul loro sviluppo.
Talvolta sfugge però l’idea che i nativi digitali crescono in famiglie dove i genitori fanno uso ed abuso di smartphone, iPad, iPod, pc.

Numerosi studi evidenziano che le dipendenze digitali oggi si verificano soprattutto tra adulti di età tra 25 e 40 anni. Sono persone che potrebbero vivere senza tv e senza giornali, ma non senza dispositivi online.

Avete mai fatto la prova a rimanere scollegati per uno o più giorni?

Quando non hanno la possibilità di rimanere informati su tutto e su tutti, alcune persone descrivono sensazioni come irritabilità, confusione, insicurezza, nervosismo, senso di solitudine, gelosia, insicurezza, depressione.

Facebook e Twitter possono essere un impegno di tempo costante sia al lavoro che a casa. Possono renderci meno produttivi, ma soprattutto possono compromettere la nostra vita reale.

Credo che il fascino dei social media sia quello di mantenerci in contatto con le persone. L’uomo è un “animale sociale”, abbiamo bisogno di “connessioni” per crescere. Il problema è che questa promessa di contatto non si realizza attraverso uno schermo, per quanto a volte possa sembrare così.

I social media non hanno caratteristiche buone o cattive, è l’uso che ne facciamo che può essere positivo o negativo. Spetta a noi fare la cosa migliore con queste tecnologie, riducendo al minimo le conseguenze negative sulla nostra vita.

L’attaccamento ai social media negli adulti

Un argomento di grande interesse per i ricercatori, allo stato attuale, è la correlazione tra lo stile di attaccamento adulto e l’uso dei social media.
Vale a dire che il modo in cui stiamo in rete è collegato alla nostra personalità, alle nostre esperienze di relazione, e al livello di sicurezza che abbiamo rispetto ad esse.

Gli psicologi da tempo sono interessati al concetto di attaccamento. Vedono le sue origini nei primi anni di vita, in particolare nei nostri primi rapporti significativi.

In estrema sintesi, un bambino svilupperà un attaccamentosicuro” con un genitore o un adulto dal quale potrà ricevere amore, nutrimento, comfort, sicurezza. Genitori ansiosi, insicuri, inaffidabili, creano uomini e donne tormentati dall’ansia, dalla gelosia, dall’autocritica, bisognosi di rassicurazioni.

Oggi sempre più gente usa i social network per costruire una rete di contatti. Il social networking può così diventare un modo per aggirare l’ansia, o la solitudine, per costruire un’immagine di sé migliore di come sarebbe nella vita reale.

L’equilibrio è fondamentale.

Mi capita sempre più spesso di vedere amici e parenti impegnati coi loro smartphone piuttosto che con le persone con cui sono seduti intorno a un tavolo.
Sembra che la gente dimentichi le semplici regole della buona educazione che ci portano a prestare ascolto a chi abbiamo davanti, soprattutto se scegliamo di dividere il nostro tempo con loro.

Le domande da porsi

Ci sono alcune domande che posso darci un segnale di quanto il social networking ci stia prendendo la mano:

  • la mia vita senza internet sarebbe ugualmente piacevole?
  • rimarrei tranquillo sapendo di non poter navigare per giorni?
  • ho più amici nella mia vita reale o virtuale?
  • mi capita mai di arrabbiarmi o infastidirmi se qualcuno mi disturba mentre navigo?

A tutti è capitato, almeno una volta, di rispondere ad un messaggio mentre si è in auto, di guardare Facebook mentre siamo a tavola, o di fingere di ascoltare i nostri familiari mentre controlliamo i messaggi. Tuttavia, anche se i mezzi virtuali possono essere validi strumenti per comunicare con gli amici e condividere interessi, ci sono persone più vulnerabili di altre.

Prendiamoci il tempo di identificare la nostra scala di priorità quotidiane, i grandi obiettivi (il lavoro, la scuola, la famiglia) e valutare quanto i media interferiscono con questi obiettivi.

Mentre pensiamo di costruire relazioni, la dipendenza distrugge l’empatia e le nostre abilità sociali. Lo sguardo fisso sul display ci rende progressivamente incapaci di guardare lontano, di ammirare il cielo, di camminare fuori, di incontrare persone… senza condividerlo con un click.

Non dimentichiamo che noi siamo a capo della tecnologia, e non il contrario: solo perché qualcosa squilla o vibra, non dobbiamo correre a guardare. Diamoci il permesso di prenderci una pausa da internet, ogni giorno, e di prestare attenzione a come ci sentiamo quando non siamo online.