Essere genitori è una innanzitutto una RELAZIONE, che si fonda sul principio dello “stare-con”.


Caratteristica di ogni individuo, sin dalla nascita (faccio riferimento alla vita embrionale) è quella di essere parte di qualcosa in cui è immerso: dal corpo di donna in cui si sviluppa, all’ambiente (si intende la quantità di relazioni che si intersecano) in cui nasce, cresce, crea legami. L’essere-in-relazione, è una caratteristica che accomuna tutti.

La genitorialità ha recentemente acquisito una forma separata dalla coniugalità: indipendentemente dal rapporto che i genitori hanno tra di loro, la genitorialità è pensata -e tutelata- a prescindere dal legame matrimoniale o di convinvenza.Questa distinzione è un segno della diversa prospettiva, importante per il riconoscimento dei diritti del bambino, al quale si garantisce (idealmente) un rapporto continuativo e responsabile con entrambi i genitori, anche in caso di separazione.

Questo significa che in una relazione (coniugale e/o genitoriale, ma anche tra genitore e figlio) ciascuno è portatore della sua specificità, contribuisce in modo creativo alla crescita della relazione, e vi prende parte in base al suo stile relazionale.

Il riscontro che ho a livello professionale riguarda, tuttavia, una forte difficoltà a vivere le relazioni in spontanea fiducia, e a mantenere o iniziare legami intimi, cioè duraturi nel tempo, e che presuppongano vicinanza emotiva e conoscenza reciproca.

Esiste sia una mancanza di consapevolezzarispetto al proprio sentire, ai propri vissuti, ai propri bisogni autentici, sia una difficoltà a cogliere pienamente l’altro, le sue intenzioni, la sua progettualità. Non tutti sono consapevoli delle “origini” del proprio stile relazionale, della propria storia, e del progetto che hanno per migliorare il proprio futuro.

Siamo ascoltatori sempre meno attenti ai segnali del nostro corpo, custode di una consapevolezza istintiva e innata, che arrivano attraverso il suo linguaggio.

Viviamo nel tempo della fretta, dell’efficienza ad ogni costo, del consumo: per questo ci curiamo con i farmaci, rimedi “alternativi” ad un momento di riflessione e di ascolto di noi stessi. “Mandiamo giù” qualcosa dall’esterno, sostituendolo a un momento in cui fermarci per trovare il modo di “tirar fuori” le nostre potenzialità dall’interno.

Tutti questi elementi emergono con maggiore vigore nei momenti della vita definiti “critici”, nel senso di “momenti di passaggio“, di trasformazione.

Ogni individuo nel corso della sua crescita attraversa momenti nodali: uno di questi è il momento in cui si progetta la genitorialità, sia concretamente, sia come spazio mentale di “apertura al possibile”, all’altro (il figlio in arrivo), alla diversità (rispetto al legame di coppia).

Avendo considerato le difficoltà in cui i giovani si imbattono, oggi (la separazione della propria famiglia di origine, l’indipendenza economico-lavorativa, il raggiungimento dello status di adulto), va da sé che anche le tappe successive della vita, sia individuale che familiare, ne sono influenzate.

Nei momenti di transizione emergono per ciascuno, in modo più evidente, le difficoltà: fragilità, solitudine, isolamento sia rispetto al contesto sociale che relazionale.

Fare famiglia è un fatto sia biologico sia culturale, che sintetizza ma supera entrambi: si fonda sulla procreatività come caratteristica specifica degli adulti, e come elemento di trasformazione-evoluzione della vita di coppia, che diventa da coniugale a genitoriale (Scabini E., 1999).

Essere coppia con un progetto generativo significa, allora, influenzarsi a vicenda, contribuire alla qualità del legame, avere una “competenza alla relazione” che consenta di superare gli schemi relazionali non efficaci che ciascuno di noi costruisce nel corso della propria esistenza, e che ostacolano il progetto evolutivo sia a livello personale sia nell’ambito familiare (Sirna C., 2004).
 
Nei prossimi articoli, vedremo dettagliatamente come lo stile relazionale personale gioca il suo ruolo nel rapporto di coppia e genitoriale, e come, a sua volta, influenza la relazione col figlio.

dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta