“Il bambino è fatto di cento” è il primo verso di una poesia di Loris Malaguzzi (dal titolo “E invece il cento c’è”),  padre del sistema pedagogico su cui si fondano gli asili nido e le scuole materne reggiane, modello studiato ed imitato in tutto il mondo.

Sabato scorso alla libreria Feltrinelli di piazza Piemonte a Milano abbiamo partecipato a “Dialoghi con la luce”, workshop per bambini e adulti. L’evento era organizzato in collaborazione con Reggio children, società nata nel 1994, subito dopo la morte di Malaguzzi, con l’obiettivo di gestire gli scambi pedagogici e culturali tra i servizi all’infanzia del comune di Reggio Emilia e insegnanti e ricercatori provenienti da tutto il mondo.

In una saletta erano state posizionate luci molto particolari e una serie di oggetti di recupero, perlopiù in plastica colorata, provenienti da ReMida, un centro creato dall’Associazione Funamboli ad Anzola, in prossimità di Bologna, dove le aziende inviano i propri materiali di scarto o le giacenze di magazzino. Questi oggetti vengono generalmente utilizzati per creare giochi, decorazioni, opere d’arte. Nel centro di Anzola si svolgono numerose attività didattiche per i bambini, che vengono proposte anche a scuole e centri culturali.

A Milano gli oggetti di ReMida erano trasparenti e colorati, in maniera tale che si creassero giochi di luce e d’ombra, grazie all’illuminazione. Tutto era alla portata dei bambini, che sono stati divisi in due gruppi: da 15 a mesi a 3 anni e da 4 a 6 anni. Ciascuno poteva sperimentare a suo piacimento tutti i materiali presenti. C’erano molte torce elettriche, per gettare fasci di luce sugli oggetti trasparenti e colorati. Su due lavagne per lucidi era possibile mettere ciò che si desiderava, per osservare l’effetto delle sagome proiettate sul muro.

Al mio maggiore è piaciuta molto una sabbionaia creata su una superficie luminosa, sulla quale erano stati messi dei dinosauri. La piccola invece ha apprezzato dei fogli di plastica trasparente che infilava in una specie di tubo.

Le persone di Reggio Children che si sono occupate dell’allestimento della sala parlavano poco, osservavano molto e interagivano con i bambini solo per mostrare qualcosa che magari sarebbe sfuggito alla loro attenzione.

Vi voglio citare parte della poesia di Malaguzzi, esposta all’ingresso della sala e tradotta su un dépliant in varie lingue,  che mi ha colpito molto: “Il bambino ha / cento lingue / cento mani / cento pensieri /cento modi di pensare / di giocare e di parlare / cento sempre cento / modi di ascoltare / di stupire di amare/…./La scuola e la cultura / gli separano la testa dal corpo. / Gli dicono: / di pensare senza mani / di fare senza testa / di ascoltare e di non parlare / di capire senza allegrie /…/ Gli dicono: / che il gioco e il lavoro / la realtà e la fantasia / la scienza e l’immaginazione / il cielo e la terra / la ragione e il sogno / sono cose / che non stanno insieme. / Gli dicono insomma / che il cento non c’è. / Il bambino dice: invece il cento c’è.