In più di un’occasione abbiamo sottolineato come sia quasi del tutto assente, ai nostri tempi, una corretta “educazione al parto e alla nascita”.
Abbiamo già parlato di “medicalizzazione della gravidanza“, e dei suoi effetti, talvolta positivi, molte volte limitanti.

In molte antiche civiltà è presente un concetto per noi quasi del tutto scomparso (il cui recupero spesso richiede anni di terapia psicologica o di altro tipo, come meditazione, yoga, o la fede in una religione che creda profondamente nel valore del corpo umano).

 

Il concetto è che in ogni uomo, in ogni corpo, esiste una sapienza innata che è sufficientemente eloquente per chi è capace di leggere, ascoltare e decodificare il linguaggio corporeo.

 

Esistono molti segnali, infatti, associati alle nostre “sensazioni“, che ci danno una precisa indicazione di come stiamo e di cosa abbiamo bisogno.

 

“Sensazione”: una parola che associamo all’intuito, quando diciamo che abbiamo un’intuizione che siamo propensi a ritenere vera. Eppure “sensazione” è qualcosa di molto più che un’intuizione, è un dato concreto che siamo abituati ad ignorare, presi dalla freneticità quotidiana e dall’incapacità di comunicare attraverso questi linguaggi.

 

Perdere la capacità di sentire significa perdere umanità, concretezza, significa vivere scissi.
Talvolta la gravidanza, come altri momenti importanti della vita di un individuo, è un’occasione per recuperare un sentire molto forte e concreto, e per certi versi “inequivocabile”. Altre volte la nostra abitudine a “ignorare” è talmente forte da rendere vano anche il messaggio del corpo in questa fase.

 

E’ in questi casi che diventa necessario, ancora di più, rieducarci all’ascolto del corpo, attraverso una ricerca di sensibilità e di equilibrio.
Una gravidanza affrontata secondo i presupposti di un ritrovato desiderio di ascoltare ed ascoltarsi diventa un’esperienza di crescita intensa e positiva.

 

 

foto: padova.olx.it