Abbiamo parlato recentemente di farmaci proibiti e farmaci che si possono assumere in gravidanza. Vorrei tuttavia approfondire il concetto di farmaci proibiti. La Food and Drug Administration classifica i farmaci e i loro effetti in cinque categorie, valutando la loro utilità in relazione ai rischi che il feto corre se la mamma li assume.

Nella categoria A, per la quale esistono studi di vasta portata sugli esseri umani, rientrano quei pochi farmaci che non causano senza ombra di dubbio alcun tipo di problematiche al feto: per esempio, la vitamina B6 e l’acido folico.

Nella categoria B rientrano quei farmaci per i quali sono stati condotti studi prevalentemente sugli animali, che non fanno sospettare una maggiore incidenza di danni ai feti, anche se umani, per lo meno non di tipo teratogeno: tra questi farmaci rientra l’amoxicillina.

Della categoria C fa parte la maggioranza dei farmaci. Potrebbero verificarsi – in base agli studi condotti su animali ed esseri umani – danni al feto,  potenzialmente teratogeni, ma tuttavia può darsi che i benefici siano superiori ai rischi: in questo gruppo si annoverano alcuni antidepressivi come il Prozac.

Nella categoria D si trovano farmaci con i quali il rischio di causare danni al feto è conclamato, che sono altamente teratogeni, ma ciononostante può valere la pena di assumerli, perché anche in questo caso i loro benefici possono essere superiori ai rischi: uno di questi è il Cytoxan, un chemioterapico.

Nella categoria X, infine, si trovano quei farmaci da non assumere in alcuna circostanza in gravidanza, perché i benefici che apportano sono di gran lunga inferiori ai rischi per il feto: si tratta di farmaci che in alcuni casi comportano rischi minori per il feto rispetto a farmaci dei gruppi C e D, ma i cui benefici sono trascurabili.

Da questa suddivisione in categorie si intuiscono due ordini di problematiche:

  • mancano ancora studi approfonditi circa gli effetti dei farmaci sulle donne in gravidanza: fino a vent’anni fa, addirittura, gli studi venivano effettuati esclusivamente sugli uomini.
  • esiste un buon numero di farmaci per i quali non è semplice valutare se sia da preferire assumerli, facendo correre dei rischi al feto, oppure rinunciarvi, correndo però dei rischi per se stesse.

Time Magazine di qualche settimana fa riporta, ai due estremi, i casi di due donne che si sono trovate ad affrontare il cancro in gravidanza. La prima ha rifiutato di abortire e ha scelto di fare la chemioterapia, una volta messa a conoscenza dei rischi che il feto correva. Suo figlio è nato sano e lei ha da poco festeggiato il suo decimo anno senza tumore. La seconda ha rifiutato la chemioterapia di fronte all’incertezza sui possibili rischi per il feto, ed è morta quando sua figlia aveva 9 mesi. Certo, magari la prima sarebbe sopravvissuta anche posticipando la chemioterapia, mentre la seconda  non avrebbe tratto alcun beneficio dalla cura che ha rifiutato, però questi dati fanno riflettere.

Occorre sicuramente un grande coraggio per affrontare una cura come la chemioterapia in gravidanza, soprattutto data la carenza di analisi e studi approfonditi e affidabili a questo proposito. Ma l’obiettivo che si vuole raggiungere nei prossimi anni è proprio quello di ampliare la casistica degli studi, analizzando innazitutto il sangue di quelle donne che prendono già d’abitudine farmaci in gravidanza, per curare malattie croniche – anche per comprendere quali sono i dosaggi migliori.

E voi assumereste un farmaco in gravidanza, sapendo che vi può salvare la vita ma può anche compromettere la salute del feto?

Immagine: www.noidonne.it

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