Nel precedente articolo abbiamo parlato di linguaggio corporeo, di espressività e apertura ai sensi, che si sottolinea in alcuni momenti della nostra vita. Tra essi il momento della gravidanza e del parto, in cui il corpo è indiscusso protagonista.

Essere aperti al nostro essere nel mondo, a quello che sentiamo, significa dunque ripartire dalle piccole cose, dalle sensazioni più semplici (non dalle complesse riflessioni filosofico-esistenziali alle quali spesso siamo abituati): dove sono, cosa sento, cosa provo, cosa mi piace, cosa voglio, etc. Ognuna di queste piccole cose presuppone un passo semplice ma non scontato: guardarsi intorno.

 

In occidente siamo abituati ad un comportamento permeato dal pragmatismo che ci fa sempre cercare una soluzione per tutto quel che accade: è proprio questo che allontana dalle sensazioni. Se accade qualcosa, siamo sempre proiettati verso la sua soluzione.

 

La gravidanza, se vissuta in ascolto di se stesse, insegna a stare: ci sono molti passi, molti periodi, in cui bisogna attendere che qualcosa accada, che il cambiamento si compia, che il malessere sparisca naturalmente (pensiamo alle nausee, ai dolori alla schiena, ai disturbi intestinali) perché è segno di una tappa, dell’evoluzione della gravidanza.

 

Lo stesso durante il travaglio: anche nel caso in cui si ricorra all’epidurale, che tuttavia si può eseguire solo in una determinata fase della dilatazione, ogni corso (ogni ostetrica che assiste) aiuta la partoriente nell’ attraversare quelle fasi che porteranno alla fase espulsiva (con o senza anestesia).

 

A volte i miei inviti alla preparazione al parto vengono confusi dalla gente con l’ennesimo tentativo di controllo: la parte difficile di un percorso di accompagnamento al parto è proprio quella di imparare a stare nell’esperienza, a fermarsi ad ascoltare senza chiedere immediate soluzioni.

 

Non-fare è come un paradosso: prendersi il tempo di orientarsi e solo dopo, quando si è presa consapevolezza di quel che accade, muoversi verso la propria direzione.

 

Un proverbio cinese recita: “Le domande aprono le strade, le risposte spesso le chiudono”.

 

Una risposta che arriva troppo presto, come la ricerca di una soluzione immediata, ci impedisce di camminare. La novità è un momento in cui permettere alle domande che nascono spontaneamente da noi stessi di aprirci una nuova strada.
Nel mezzo c’è la difficoltà di fermarsi ad ascoltare, ma proprio in questo “silenzio” arrivano le risposte, e la direzione da prendere.

 

dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

 

foto:crossbees.it