Nel nostro percorso sui temi del parto, oggi vogliamo citare Michael Odent, un chirurgo francese che ha lavorato per decenni nell’ambito dell’ostetricia.  Il motivo è legato a quanto da lui sostenuto nei suoi numerosi testi riguardo al parto, e si collega al tema di questa settimana sulla presenza del padre in sala parto.

Michael Odent ha sviluppato un modello di parto denominato “tecnica dell’accucciamento” che include una particolare visione del parto che vede la donna come protagonista attiva e sapiente di scelte e modalità.

Ciò si integra col suo principio di “salute primale”: dal concepimento sino al primo anno di vita le interazioni tra madre e bambino hanno degli effetti determinati sull’equilibrio psico-fisico, e questo include anche il momento del parto.

Un modello così coinvolgente, che descrive il parto come atto profondamente naturale e arcaico, collega la presenza di altre figure familiari in sala parto alla fisiologia del parto.

Odent sostiene che esistono due linguaggi della partoriente: uno verbale ed uno corporeo. Spesso questi due linguaggi non concordano tra loro.
Se da una parte, infatti, le donne richiedono la presenza del partner, è solo in sua assenza che si liberano da inibizioni culturali e si esprimono in modo più naturale e “selvaggio” (atteggiamento che favorisce il travaglio).

Nelle sue numerose osservazioni, Odent ha verificato che la presenza di figure di riferimento (non solo il partner ma anche la madre della partoriente) inibisce un comportamento più ancestrale e istintivo della donna: in sua assenza, se lasciate sole, è più facile che le donne si lascino andare a grida liberatorie, movimenti istintivi e non convenzionali.

La motivazione di questo comportamento, secondo Odent, è legata alla fisiologia del cervello, e alla funzione della neocorteccia cerebrale. Quest’organo è infatti deputato al controllo del comportamento legato alle regole sociali.

Al momento del parto l’organismo secerne un cocktail di ormoni che è lo stesso per tutti i mammiferi, che inibisce l’attività della corteccia e garantisce un effetto migliore sul parto.

E’ questo il motivo per cui diversi modelli e tecniche di preparazione al parto suggeriscono la sintonizzazione con le parti più intime e profonde del nostro pensiero, e utilizzano la concentrazione come strumento di contatto col processo in corso (incluse le tecniche di training autogeno).

Tornando al pensiero di Odent, egli suggerisce che una minore stimolazione della neocorteccia consenta un travaglio più rapido e semplice. Perché questo avvenga, è necessario che la partoriente sia in un ambiente silenzioso, poco illuminato, intimo e rassicurante. Qualunque stimolo, incluso quello verbale, rallenta la fisiologia del parto.

La cosa importante da sapere per la persona che assiste la partoriente è un atteggiamento discreto, silenzioso e non giudicante: sono questi gli ingredienti fondamentali perché la donna trovi il suo modo di partorire.
Il coinvolgimento emotivo, l’ansia, la preoccupazione dei familiari, spesso sono percepibili dalla donna, che al contrario ha bisogno non di “quantità”, ma di “qualità”: poche parole, rassicuranti, al momento giusto.

Alcune donne hanno questo da parte del partner, altre invece no. Per fortuna esistono oggi molte possibilità (anche se non applicate in tutti i luoghi) che garantiscono al padre una presenza partecipe, e alla donna di poter scegliere il miglior supporto possibile in un momento così importante.

dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: esseremamma.it