Anche un periodo magico e divertente come una vacanza lontano da casa può essere molto impegnativo per la mamma

In realtà questo vale per tutti i bambini e per le loro mamme, perché la vacanza è sì un momento avventuroso ed entusiasmante, ma anche, e a volte proprio per questo, un po’ complicato.  C’è l’ansia dell’aspettativa nei giorni precedenti la partenza, quando la mamma è super-presa coi preparativi; poi c’è il viaggio, che spesso è lungo e stancante sia per grandi che per piccini. E all’arrivo, poi, com’è bello quel momento in cui mi accorgo (Oh Nooo!!) di avere dimenticato a casa qualcosa che, ovviamente, è importantissimo per il mio bambino! Tipo il suo giocattolo preferito. Capita anche a voi?

Quando si va in vacanza, tutta la famiglia ha bisogno di qualche giorno per abituarsi al nuovo posto, ai nuovi ritmi e persino ai nuovi odori. Se già tutto questo è un po’ stressante con i figli naturali, con i figli adottivi può trasformarsi in un delirio! Vi spiego il perché.

Le insidie della vacanza per i bambini adottati

I bambini adottivi sono bambini che in tenera età sono stati passati come pacchi dalla famiglia naturale, alla casa-famiglia, alla famiglia affidataria (e a volte più d’una) e infine piazzati definitivamente con la famiglia adottiva. Ogni passaggio, ogni trasferimento implica un cambio di casa in un posto del tutto nuovo e un altro piccolo-grande trauma.

Tutto questo peregrinare provoca molti danni emotivi e psicologici. Tra questi c’è la mancanza del senso di appartenenza che risulta in una sensazione di confusione ed incertezza:

il bambino non sa chiaramente dov’è o dove sarà, né con chi e spesso non sa più nemmeno chi è…

Quando si va in vacanza, il cambiamento d’ambiente con tutto ciò che ne consegue può causare nel bambino adottato (il bambino sofferente) una temporanea regressione a quello stato di confusione ed insicurezza sofferto prima dell’adozione. Ed è così che il mio piccolo D.F. inizia una settimana prima della partenza a parlare con tutti della vacanza incipiente; e questo magari è normale per tutti, grandi e piccini: quando siamo esaltati per qualcosa, ne parliamo tanto. Il problema che si presenta col mio bambino, però, è che lui parla solo di quello con tutti, anche con persone che vede per la prima volta e mi fa mille domande senza sosta, sempre quelle: questo ha tutte le caratteristiche di un comportamento ossessivo-compulsivo, quindi non sano e perciò indicativo di un disagio. Questo e’ il primo campanellino d’allarme per la mamma adottiva in vacanza. Che fare?

Efficaci contromisure

Io faccio così: coinvolgo il mio bambino nei preparativi, dandogli delle scelte (solo due opzioni, altrimenti il bambino può finire per confondersi e per far ammattire la mamma!). Ad esempio, gli chiedo di decidere se preferisce portare via il costumino da bagno rosso o quello blu e altre cose semplici di questo genere. Ovviamente, gli offro opzioni che io ho già considerato in anticipo e che mi vanno bene: gli do la cosiddetta “scelta guidata”. In questo modo lui percepisce di avere un certo controllo della situazione e di non essere in balia degli eventi e quindi si sente meno confuso e più sicuro di quello che sta gli succedendo e gli che succederà.

Anche durante il viaggio gli do incarichi adatti alla sua età come portare un piccolo zainetto con la sua bottiglia dell’acqua, la merendina e qualche giochino e questo lo fa sentire importante, partecipe e soprattutto responsabile delle sue cose e di se’.

Spesso quando arriviamo, soprattutto se il mio piccolo D.F. è stanco per il viaggio, comincia il suo strambo “rituale di benvenuto”: inizia ad accendere e spegnere a ripetizione le luci dell’appartamento o della stanza d’albergo in cui siamo e lo fa con metodo ed accanimento.

E’ uno strano comportamento che potrebbe far pensare ad un disturbo dello specchio autistico, ma, poichè non si presentano altri sintomi, in realtà non lo è. Dopo averci pensato e ripensato ed avere parlato con gli esperti, ho concluso che si tratta di un sistema semplice ed efficace per “prendere possesso” del nuovo alloggio facendolo funzionare a comando; a volte mi sembra quasi di vedere cosa pensa mio figlio, come in un fumetto di un cartone animato: “premo qui, acceso, premo lì, spento, ok so come funziona, ce la posso fare”.

Come si pone la mamma adottiva di fronte a questo comportamento? Come al solito, lo deve gestire con gentilezza e con fermezza, per dare al bambino sostegno amoroso e solidità allo stesso tempo.

Io lo lascio fare per qualche minuto, per farlo sfogare: accendi, spegni, accendi, spegni e nel frattempo io penso a tutte le cose grandi e belle del mondo per cercare disperatamente di distrarmi dal quel super irritante tic-tac tic-tac. Poi intervengo e gli dico che ormai è chiaro che tutti gli interruttori funzionano perfettamente e lo ringrazio per avere controllato così bene. In genere, questo lo rassicura e il suo livello d’ansia si abbassa, permettendogli di smettere (ah, un po’ di pace!). A volte però – e soprattutto se il viaggio è stato lungo, caldo e stancante – il mio primo intervento non funziona e l’accendi-spegni riprende con rinnovata passione; quindi devo ricorrere ad un altro trucco: coinvolgo il mio bambino in quello che sto facendo (normalmente sto disfacendo le valigie) e gli do piccoli incarichi che lo distraggano e lo tengano impegnato. Ad esempio, gli dico di passarmi questo o di portare al papà quello e più io lo tengo impegnato e meno lui tormenta gli interruttori (e me). Questo è uno stratagemma che funziona e ve lo consiglio.

Niente di più efficace del lavoro manuale (anche se piccolo e adatto all’età) per tenere la mente impegnata e superare i momenti difficili!