Un nuovo articolo su un tema già affrontato ma sempre alla ribalta: non tutte le donne vogliono diventare madri.

Prendo spunto dall’ennesimo commento lasciato in Rete da una donna che non vuole figli verso le donne che scelgono di averne. Nelle sue parole tutta la rabbia (= la paura) verso la trasformazione del corpo femminile che è conseguente alla gravidanza e al parto.

Ci sono emozioni nascoste e scomode nella maternità, e molte donne rifiutano di riconoscerle, sia nella scelta di mettere al mondo dei figli che nella lotta contro chi è una madre felice.

Molte di noi sono cresciute nell’idea che mettere al mondo dei figli è un desiderio sano e universale. Essendo biologicamente determinato, è difficile immaginare una donna che non ce l’abbia.

Eppure, dopo la rivoluzione femminista qualcosa ha permesso alle donne di poter dire “io no”. Nel corso dell’ultimo ventennio l’incertezza rispetto alla maternità è diventata sempre più presente, l’età della prima gravidanza si è spostata molto, fino ad arrivare oggi ad un vero e proprio schieramento tra le donne favorevoli e contrarie all’essere mamma.

Quello che nessuno sa, o dice, è che tutta la maternità è costellata di ambivalenza (non solo la scelta, o la gravidanza e il parto). Non esistono mamme felici e mamme infelici, piuttosto esistono donne che decidono o riescono ad esprimere meglio un aspetto della maternità.

Alcune si realizzano meglio nell’accudimento, altre in scelte diverse. La contestazione al gruppo di donne diverso da sé è incessante, in una sfiancante quanto inutile altalena tra un buono/cattivo che non esiste.

Alla maggior parte delle donne che non vogliono figli, ad esempio, piacciono i bambini degli altri, i figli dei loro fratelli e degli amici, ma non desidera averne di propri.

Altre donne difendono l’equilibrio di coppia con il loro atteggiamento, avendo mariti che hanno parecchia paura ad affrontare la genitorialità.

Potremmo fare un lungo elenco, ma il punto è che le “vere ragioni” per cui le donne sono ambivalenti rispetto all’avere figli (anche quelle che li desiderano, e che come tutte poi provano ansia e paura) sono riconducibili ai timori più arcaici dei primi anni della loro vita.

Quel che noi siamo è scritto nella nostra storia (anche se quello che possiamo diventare è scritto nel nostro futuro) e i modelli genitoriali si costruiscono proprio nell’infanzia.
Che tipo di genitore ci è stato suggerito di essere quando eravamo bambini? Abbiamo assecondato questi suggerimenti, o piuttosto ci siamo dati da fare per costruire dei modelli nostri?

Ci sono donne che per tutta la vita lottano con un sacco di aggressività non risolta, con la paura che il bambino che metteranno al mondo diventerà una proiezioni del “mostro” (la rabbia) che hanno dentro, o che loro diventeranno uguali ai loro genitori.

Altre donne, per una serie di motivi, hanno un rapporto conflittuale con il loro corpo femminile, e ritengono che evitare la gravidanza o il parto sia un modo di preservarne integrità e gradevolezza.

Tuttavia, la questione principale nel conflitto interiore “avere/non avere figli” è il rapporto della donna con la propria madre in giovane età.
Alcuni problemi familiari possono lasciare la loro impronta nella paura che la donna avrà di non essere in grado di essere madre in modo adeguato.

Questi problemi non sono facili da raggiungere in psicoterapia, ma se una donna non aspetta che sia troppo tardi, può essere in grado di risolverli. La scelta di intraprendere la maternità o meno sarà successivamente una scelta libera e soprattutto consapevole, e proprio per questo potrà definirsi (solo allora) un successo, che come tale non trascinerà con sé rabbia o aggressività verso le altre, ma serenità ed equilibrio.

Non esiste una scelta giusta o sbagliata, ma la scelta migliore possibile per se stessi.

Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

foto: postreh.cz